Sicilia - dalle origini alla civ.Greca

" il sesto giorno iddio compì la sua opera, e lieto di aver creato tanto bello, prese la terra e la baciò........ la..!!! dove lui posò le labra... quella è la Sicilia..."

 

Dalle Origini alle Civiltà Greca

 Le Origini

 
Il nome «Sicilia» deriva da sik, termine di radice indo-germanica che  sta a denotare l’ingrossamento e la crescita.  Nella lingua greca questa radice è usata per individuare certi frutti che si sviluppano rapidamente come il fico (siké) o la zucca (sikùs). Quindi Sicilia significherebbe  «terra della fecondità, isola della fertilità».
 

ETA’ PALEOLITICA

E’ presente il paleolitico superiore nelle grotte e nelle stazioni sicule di Marina di Ragusa, del monte Pellegrino presso Palermo e dell’isola di Lèvanzo.

I graffiti di Lèvanzo e delle grotte dell’ Addàura del monte Pellegrino di Palermo si ri­feriscono alla fauna del paleolitico superiore (Bos primi genius, Cervus elaphus, Equus hydruntinus); negli uni, c’è un cerbiatto che volge la testa, «prima felice deviazione dallo schematico contorno del profilo»; negli altri prevale la figura umana, e non isolata, ma in grandi composizioni, che sembrano ispirate a riti re­ligiosi primitivi. È qui che l’arte trova le sue prime espressioni, nella storia della civiltà umana.

 

ETA’ NEOLITICA

Nell’età neolitica appare la ceramica con forme semplici, ma già artisticamen­te decorata, come si è trovata nelle stazioni neolitiche sicule di Matrensa (Siracusa) e di Stentinello (Siracusa), di Serraferlicchio (Agrigento) e di monte Tabuto (Ragusa). I commerci marittimi, incrementati dall’invenzione della vela e del remo, permettono quell’unità mediterranea che nel paleolitico era avvenuta prevalentemente attraverso la terraferma. La cultura tipica siciliana di questo periodo è quella che prende nome dal villaggio trincerato di Stentinello, che è contraddistinta dalla ceramica decorata a impressioni ottenute sulla creta molle con l’unghia, con punzoni o con l’orlo di conchiglie, con grande varietà di tipi di tazze, scodelle, brocche e boccali. Il neolitico siculo ebbe il suo più vivace sviluppo nelle isole Eolie, a causa dell’attivo commercio dell’ossidiana, più ta­gliente della silice, e quindi più ricercata per la fabbricazione di utensili prima della scoperta dei metalli. Bellissime, di questo periodo, sono le anse a rocchet­to di taluni vasi eoliam, che coi loro complicati avvolgimenti indicano a quale raffinatezza fosse giunta l’arte di questi primitivi abitatori della Sicilia.

 

ETA’ ENEOLITICA

La Sicilia conobbe il rame, importato con ogni probabilità attraverso il mare Africano. I villaggi di capanne si circondano di una profonda trincea a difesa dell’abitato, come avviene a Castelluccio, presso Siracusa; ma la civiltà eneolitica della Sicilia ha un carattere meno unitario di quella delle stazioni del continente, perché più esposta alle diverse culture della Grecia continentale, e anatoliche. Le ceramiche si trasformano continuamente, come vediamo dai reperti delle grotte della Chiusazza e del Conzo a Canicattini Bagni, presso Siracusa, del villaggio di San Cono, nei monti Iblei, del villaggio di Piano Notaro, presso Gela, e le stazioni della Conca d’oro, presso Palermo. Le ceramiche più belle di questo periodo sono quelle di Serraferlicchio, dipinte in nero opaco sul fondo rosso vivo con motivi geometrici nuovi, come fasci di segmenti, alveoli e reticolati.

 

ETA’ DEL BRONZO

Gli stretti legami della civiltà sicula col mondo egeo-cretese sono testimoniati dai portali in pietra delle tombe di Castelluccio, che recano il motivo miceneo della doppia spirale, e dalle placchette in osso decorate da globuli a rilievo, identiche a quelle trovate nelle tombe coeve di Malta, del Peloponneso e della Troade; nonché da ceramiche, da spade e da fibbie di chiara influenza egeo-cretese. Di influenza mediterraneo-occidentale è il bicchiere campaniforme di tipo iberico, trovato tanto a Villafrati quanto a Torrebigini.

 

ETA’ DEL FERRO

Nell’età del ferro si accentua invece l’imitazione della ceramica greca, come è evidente nelle necropoli di Barcellona (Messina), di Monte Finocchito, presso Noto, e soprattutto di Sant’ Angelo Muxaro (Agrigento). Si isteriuiscono le indu­strie locali, sia ceramiche che metallurgiche, per l’imitazione greca; mentre ri­mangono.di schietta fattura sicula i bronzetti dì Sant’Agata di Militello, di Cen­turipe e di Vizzini, databili al va secolo. Ma non passerà molto che si potrà data­re la fine della vera e propria civiltà sicula: basteranno cento anni, come è dimo­strato dai reperti della necropoli di Licodia Eubea (vi secolo a.C.), in cui il va­sellame attico e l’oreficeria greca hanno assoluta preponderanza sul materiale indigeno. La Sicilia è già entrata nell’orbita culturale ellenica: l’opera di colo­nizzazione greca, iniziata nell’viri secolo, è ormai un fatto compiuto.

 

LA CIVILTA’ FENICEA

I principali empori fenici in Sicilia furono Soloeis (oggi Solunto), Mozia  (oggi isola di San Pantaleo, nella laguna detta «Lo Stagnone» nei pressi di Mar­sala. in provincia di Trapani); a Solunto e a Cannita (in provincia di Palermo); nella stessa città di Palermo; a Selinunte, a Favignana e ad Erice (in provincia di Trapani); nonché nell’isola di Pantelleria e ad Adranon, sul monte oggi chiamato Adranone (in provincia di Agrigento).

I Fenici, com’è noto, furono un popolo del vicino Oriente, il cui territorio era quello dell’attuale repubblica del Libano, sulle sponde del Mediterraneo orientale; ed ebbero vigore e potenza dal XII al IV secolo a.C.; sicché la loro esistenza storica si considera conclusa con la conquista della loro importante città di Tiro (l’altra loro importante città era Sidone) da parte di Alessandro Magno nel 332 a.C..

Furono un popolo di mercanti e navigatori, che non aveva mire di conquiste territoriali, bensì di penetrazione economica, che fu realizzata in tutto il bacino mediterraneo; e quindi essi risultano presenti non soltanto in Grecia e in Sicilia e nell’Italia meridionale, ma anche sulle coste francesi e spagnole, ed anche ol­tre lo stretto di Gibilterra, arrivando perfino nelle isole britanniche.

La colonizzazione dei Fenici, com’è noto, ebbe carattere commerciale: ma i loro suc­cessori, i Cartaginesi, trasformarono la penetrazione commerciale in occupazione militare, e pertanto vennero in lotta, come vedremo, coi Greci di Sicilia, esponenti d’altro sentire e di ben diversa civiltà.

Col prosperare dei loro commerci, i Fenici fondarono numerose colonie, oltre che in Sicilia, nell’ isola di Cipro, a Creta, nelle isole del mar Egeo, nella Spagna e in Africa settentrionale. La più importante tra le loro colonie fu quella di Cartagine, nell’odierna Tunisia, la cui fondazione rimonta all’804 a.C., che è la data fornita dallo storico siciliano Timeo da Taormina del iv secolo a.C.

La tradizione, accolta da Virgilio nell’Eneide, dice che questa città, che diven­ne la pericolosa rivale di Roma nel mondo mediterraneo, fu fondata dalla regina Didone.

 

LA CIVILTA’ GRECA

Sicani, siculi, elimi, fenici, tutte popolazioni presenti in Sicilia dai tempi del mito, cioè della memoria orale. Si pensa che con l'arrivo dei greci nel VIII secolo a. C. parta la memoria storica nell'isola. In realtà i greci già da molto tempo frequentavano e abitavano l'isola, come ad esempio i coloni micenei. La stessa “narrazione storica” della civiltà greca inizia solo dalla seconda metà del V secolo avanti Cristo. Così la stessa colonizzazione dei greci e la realtà precedente fa parte del Mito, come la stessa guerra di Troia, affollata di Dei ed eroi, di superuomini che grazie alla volontà degli Dei, nel destino a loro riservato “scoprono” la Sicilia come un mondo prima sconosciuto, poi terra di colonizzazione e di trasformazione dovuta alla superiorità della loro cultura.

Si era nei decenni finali dell' ottavo secolo a. C. , si racconta che Teocle, greco della città di Atene, trovandosi a navigare in acque siciliane, fu sbattuto da una tempesta sulla spiaggia di Taormina.

Colpito dalla bellezza e dalla fertilità: del luogo, ma anche dalla poca consistenza numerica della popolazione locale, tornato in patria, senza grosse difficoltà e soprattutto senza perdere gran tempo, 
trovò uomini e navi disposti a salpare alla volta della Sicilia. Approdato, quindi, nel luogo occasionalmente conosciuto, vi fondò la colonia a cui venne dato il nome di Naxos, forse in ricordo 
della omonima isola egea. 

Al di là del Mito, un'inquadramento più ampio può aiutarci a capire concretamente la realtà della storia stessa di quel periodo. La madrepatria dei coloni era tuttaltro che un luogo di ricchezze e di una cultura evoluta. La Grecia era caratterizzata da molti svantaggi e povertà economiche:

le pianure erano relativamente rare, spesso acquitrinose; 
le montagne brulle, aride e pietrose; 
i corsi d’acqua magri e con portata assai irregolare; 
i boschi scarsi; 
le risorse minerarie pressoché inesistenti; 
il territorio era frastagliato e sparso.

La colonizzazione a quei tempi era solo agraria: i coloni partivano con la prospettiva di sbarcare su coste ampie e fertili, acquisire, tramite sorteggio, un lotto di terra da coltivare e fondare una città che permettesse di commercializzare i prodotti ottenuti dai raccolti agricoli.
Con questi obiettivi i greci, nel VIII, il VII e il VI secolo a. C. , inizziarono a spargersi per tutto il mediterraneo, sia occidentale che orientale. I Corinzi seguirono i Calcidesi, che furono i primi, e a questi tennero dietro anche i Megaresi. Tutte le aree colonizzate erano sulla costa, le stesse coste siciliane lo confermano arricchendosi di città in gran numero.(Naxoa, Leontini, Catania, Messina e Imera) Lo stesso avvenne nel meridione italiano, ( Ischia, Gaeta e Cuma, che successivamente fondò Napoli) quello francese e le coste spagnole, balcaniche e libiche. Lo stesso destino ebbero le coste del mediterraneo orientale, tanto che gli stessi Greci d’Asia, vale a dire i Sami e i Focesi, finirono, nel gioco delle colonizzazioni incrociate, per spingersi oltre la stessa Gibilterra.