Lo Statuto Siciliano Svenduto

 

Lo Statuto Siciliano Svenduto 

 

Se i Politici Siciliani avrebbero voluto far attuare integralmente l'Autonomia Siciliana,quindi lo Statuto,nell'Assemblea Generale tenutasi a Roma il 30-31 gennaio 1948,bastava far scrivere all'interno della costituzione italiana questo articolo;

La Sicilia è annessa alla repubblica italiana come Stato Federato regolato dal suo Statuto come disposto dal Regio Decreto n°455 del 15 Maggio 1946,lo stesso viene integrato come legge Costituzionale all'interno della costituzione della repubblica italiana

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il MIS fino al 46 aveva lottato per quella autonomia che fu una conquista a meta, visto che già nel 46 la Sicilia era arrivata a toccare con mano da vicino la sua indipendenza, grazie ad una vera e propria guerra di Indipendenza Siciliana, combattuta nel campo dai nostri Eroi è Patrioti dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza Siciliana) costituito da Antonio Canepa, come un vero e proprio Esercito Siciliano, indipendenza poi allontanata proprio da quella autonomia che gli stessi deputati del MIS eletti dal popolo siciliano nel 47, svendettero all'assemblea costituente del 1948 a Roma, perchè il 90% di quei deputati del MIS eletti dal Popolo Siciliano, tradirono il Popolo passando tutti nelle file dei partiti Nazionali Italiani, in gran parte nelle file di DC (democrazia cristiana) e PC (partito comunista italiano).
non fu una vittoria ma una sconfitta del Popolo Siciliano frutto del tradimento della casta politica Siciliana allora in maggior parte Missiana.

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LA DISCUSSIONE
SUL COORDINAMENTO DELLO STATUTO SICILIANO DINANZI ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE DEL 31 GENNAIO 1948 A ROMA

I Traditori e ascari politici siciliani presenti in quell’Assemblea Costituente del 1948 a Roma, avranno persato;
“al Popolo Siciliano basta non fargli sapere nulla dell’imbroglio e del tradimento qui da noi perpetrato”
Di fatto fino ad oggi il Popolo Siciliano è all’oscuro di tutto questo, se non tutti ma la stragrande maggioranza di loro

Presiede la Seduta il ministro del Bilancio onorevole Luigi Einaudi. 

 
PRESIDENTE. Si dia inizio al dibattito sullo Statuto siciliano.
PRESIDENTE. Primo relatore Cevolotto. 
Seguono gli interventi di: DE Gasperi; Gaspare Ambrosini; Concetto Gallo; Persico; Perez; Mazzoni; Germanà; Leone Marchesano; Li Causi; Bellavista; Covelli; Caronia; Gullo Rocco; Cingolani; Patricolo; Castiglia; Montalbano; Dominedò; Musotto; Corbino; Lussu; Antonino Vàrvaro; Bernini; Giulio Andreotti (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio); Mortati; Camangi; Aldisio; Bernini; Ferrari; D’Amico; Correnti; Fiorentino; Corsini; Rodinò; Lucifero; Micolis; Murdaci; Cordacci; Pisanelli; Mannironi; Paratore; Veroni; Balduzzi; Preziosi; Calamandrei; La Pira; Romano e Nitti.
PRESIDENTE. Il secondo punto dell’ordine del giorno reca: Discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. 
L’onorevole CEVOLOTTO Relatore, ha facoltà di parlare.
CEVOLOTTO Relatore. Onorevoli colleghi! La questione dello Statuto siciliano è più semplice e al tempo stesso più complicata di quella degli altri statuti delle Regioni speciali. Più semplice e al tempo stesso più complicata, perché non dobbiamo mai perdere di vista questo punto fondamentale: che la Sicilia ha già uno statuto speciale che è in vigore e che quindi costituisce un punto fermo che, dal punto di vista giuridico e dal lato politico, non si può in nessun caso trascurare. 
Se non ché, l’articolo 116 della Costituzione dice qualcosa di diverso: <
>. Quindi, anche per la Sicilia l’Assemblea Costituente deve adottare uno statuto speciale. Adottare uno statuto speciale (per la Sicilia) vuol dire, evidentemente, prendere in esame e quindi, se si crede, riformare in un modo nuovo questo statuto. 
Però, ripeto, la Commissione che doveva provvedere a preparare lo Statuto per la Regione siciliana (Preparare?! Lo Statuto Siciliano era in vigore già da 32 mesi!!!!) si è trovata di fronte al dato di fatto che vi è già uno Statuto in vigore. Sebbene non fosse, secondo il parere della maggioranza della Commissione, dubbio, che l’’articolo 116 doveva unicamente essere preso in considerazione, in quanto il decreto legislativo del 15 maggio 1946 non aveva ormai che valore indicativo (?!), ma non vincolante per l’Assemblea Costituente, sebbene questo fosse secondo il parere della Commissione, evidente, pur tuttavia essa non poteva prescindere dalla situazione di fatto. Vi è una parte della Commissione che non è stata di questo parere e che invece ha ritenuto che, malgrado l’articolo 116 della Costituzione, non si potesse e non si dovesse fare altro che coordinare il testo dell’attuale Statuto della Regione siciliana con le norme della Costituzione. Devo dire però, che i membri della Commissione che erano di questo parere, e specialmente l’amico Ambrosini, hanno cercato in tutti i modi (di farsi fregare!) con uno sforzo di comprensione (comprensione verso chi poi ci avrebbe derubato) e di adattamento (per facilitarvi il furto) del quale non si può tener conto, di avvicinare il più possibile la loro idea a quella della maggioranza
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.
Presidente. Ne ha facoltà.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio. Il Governo ha riconosciuto che lo Statuto è sostanzialmente in vigore, procedendo alle elezioni. L’Assemblea a suo tempo ne ha preso atto, riservandosi però di attuare più tardi, secondo 
statuti speciali adottati con leggi costituzionali il coordinamento In tale occasione, fu espressa da molte parti e specie da questo banco la fiducia che prima ancora che si riunisse l’Assemblea regionale, l’Assemblea Costituente avrebbe deliberato sulla forma di tale coordinamento o adozione, cioè sul carattere e sulla misura del suo intervento L’Assemblea tuttavia accolse la proposta del Governo di nominare la Corte costituzionale. Nel frattempo, il Governo ha fatto quanto poteva per applicare lo Statuto, sia pure con la riserva delle deliberazioni dell’Assemblea, e la Amministrazione regionale pur estremamente gelosa delle sue prerogative (non ha esitato ad abbassarsi i… pantaloni) ha dimostrato la volontà (di vendersi) di procedere in buona armonia col Governo dello STATO (le pecore in armonia col lupo!). 
Ma non è lecito nascondersi - e sarebbe irresponsabile il non farlo - che l’interpretazione delle disposizioni dello Statuto e la loro pratica attuazione hanno incontrato (nel nord: mentre i politici siciliani… dormivano!) numerose difficoltà e sollevato molte obiezioni.
Le obiezioni più difficili a superare, sono venute dalla (loro) Amministrazione finanziaria. Tanti obiettano che essendo la Regione siciliana, secondo l’interpretazione della sua rappresentanza, completamente arbitra di stabilire il sistema tributario che preferisce, salvo i monopoli, le dogane (le dogane erano nostre!), e le imposte di produzione ne possono nascere perturbamenti nell’economia italiana. Si pensi ad esempio, alle disposizioni sulla nominatività dei titoli, alla diversa interpretazione di quanto lo Statuto prevede per le dogane, alle norme valutarie dell’articolo 13, che, spinte alle loro estreme conseguenze potrebbero creare alla lira italiana un valore diverso in Sicilia, che nel resto del Paese; una forte resistenza devesi superare anche per quanto riguarda la costituzione in Sicilia delle sezioni della Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; e tutti ricordiamo, specialmente l’atteggiamento della Suprema Corte di cassazione. Tutto questo dimostra che per attuare completamente lo Statuto secondo lo spirito autonomistico originario, ma anche politicamente unitario dei siciliani (Unitario, leggete con attenzione queste parole, e cercate di capire bene cosa vogliono dire!) occorre un nuovo sforzo di cooperazione fra la Regione (soltanto da parte della Regione Sicilia?!) e lo Stato, rappresentato da questa Assemblea e dal Governo che da essa promana
PRESIDENTE. Gli onorevoli Finocchiaro Aprile e Concetto Gallo, hanno presentato il seguente emendamento: <
>: 
<
>.
<
>.
PESIDENTE. L’onorevole Finocchiaro Aprile può svolgere il suo intervento
FINOCCHIARO APRILE: 

< Io credo che il Parlamento siciliano abbia dato prova di alta nobiltà e di comprensione assoluta dei compiti che gli sono stati attribuiti. Esso non ha smentito la tradizione di dignità e di prestigio ed il magistero di saggezza irradiatosi dalle gloriose istituzioni parlamentari della nostra Isola. Però (ed alcuni colleghi me ne sono testimoni), appena pubblicato lo Statuto, noi dichiarammo alle masse siciliane: <>. 
Parlava in noi la dura esperienza di 86 anni di soprusi e di promesse non mantenute e di danni subiti. Parlava in noi, la dura esperienza di 86 anni di ricatti, di violenze e di false promesse. Parlava in noi, il senso diffuso di incomprensione, per usare un eufemismo, notato dovunque in Italia e ch’io stesso ebbi ad avvertire nella Commissione per la Costituzione, dalla quale, appunto perciò, io che ne facevo parte non tardai ad estraniarmi.
Signori deputati, parliamoci chiaro. Noi abbiamo sentito qui l’esposizione dell’onorevole DE Gasperi, che ha provocato in noi molta amarezza. Egli si deve essere accorto che le sue parole sono cadute pesantemente sull’Assemblea. Siamo stati tutti alquanto sorpresi delle sue parole, che hanno rivelato nel Capo del Governo uno stato d’animo completamente mutato, così diverso da quello euforico e lusingatore ch’egli ebbe a manifestare al tempo della concessione dell’autonomia alla Sicilia. Egli ha detto non essere lecito nascondersi che l’interpretazione delle disposizione dello 
Statuto e la loro pratica attuazione, hanno finora incontrato difficoltà e sollevato obiezioni, specie da parte dell’Amministrazione finanziaria dello stato; e che una forte resistenza devesi superare anche per le sezioni della Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. E l’onorevole DE Gasperi ha soggiunto, che tutto questo dimostra che per attuare completamente lo Statuto, occorre un nuovo sforzo di cooperazione tra la rappresentanza della Regione e lo stato. Ora queste non sono davvero delle parole di colore oscuro: il loro significato è ben chiaro; ed è che si vuole tornare indietro. A me pare che ciò non si possa, né debba permettersi. Sarebbe un oltraggio alla Sicilia; la quale, onorevole DE Gasperi, non farà mai alcuna delle rinunzie che lei desidererebbe. 
Si è discusso, signori deputati, sulla portata dell’articolo 116 della Carta costituzionale, che è bene leggere. Dice l’articolo 116: <>. Evidentemente questo articolo non tenne conto del fatto che vi erano statuti già approvati ed anche in esecuzione, e statuti che avrebbero dovuto essere adottati. Questa distinzione è stata chiamata più volte dal nostro illustre Presidente. Ora io penso che lo Statuto siciliano, emanato da quegli organi dello Stato che allora avevano tutti i poteri per emanarlo, essere già sin dall’origine ed abbia tuttavia valore costituzionale, alla stessa stregua che ha valore costituzionale la legge dalla quale l’Assemblea Costituente ripete oggi i propri poteri. È chiaro, pertanto, che i nuovi statuti, cioè quelli della Sardegna, del Trentino Alto Adige e del Friuli (perché anche il Friuli fu compreso fra le Regioni aventi diritto allo statuto speciale, ed è a deplorarsi che quest’ultimo statuto non ci sia stato presentato) debbano essere adottati dall’Assemblea Costituente; mentre gli statuti della Sicilia e della Val d’Aosta, già in attuazione, debbano essere semplicemente coordinati. Nel decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, con cui fu approvato lo Statuto della Sicilia, si dice che questo sarà sottoposto all’Assemblea Costituente, per essere non adottato, ma coordinato con la nuova Costituzione dello Stato. <>. Io mi riferisco, onorevoli deputati, al significato, al carattere, alla natura della parola <>. Essi sono ben precisi ed in equivoci per chi abbia pratica giuridica e legislativa. Ma da quello che voi avete sentito qui, traete forse la convinzione che si stia facendo o si voglia fare un coordinamento? Non vi pare che si tratti, invece, di un vero sovvertimento? Del vecchio Statuto, secondo le proposte della Commissione e gli intendimenti del Governo, non dovrebbe più rimanere quasi nulla. Io vi richiamo a questo vostro dovere (di ladri) costituzionale di effettuare esclusivamente il coordinamento. Nel nuovo Statuto io leggo disposizioni completamente nuove; e, quel che è peggio, leggo - ed è questa la ragione della mia maggiore preoccupazione - emendamenti presentati all’ultimo momento, in relazione a quello che ha detto testé il capo del Governo, i quali, se accolti, sconvolgerebbero completamente il sistema su cui poggia lo Statuto e ne annullerebbero la parte essenziale. Sono emendamenti con i quali si tenta di restringere sino a sopprimerli i poteri della Sicilia in materia di tributi e di valute pregiate, assieme all’autonomia in generale.
Quando l’onorevole DE Gasperi parlava, l’onorevole ministro del bilancio faceva circolare due sue proposte dell’ultima ora, sulle quali io debbo richiamare tutta l’attenzione dell’Assemblea. Giudicate voi (che siete tutti complici di questo ennesimo infame furto dei diritti della Sicilia e del popolo siciliano), signori deputati, se con esse non si distrugga in pieno l’autonomia siciliana. Noi abbiamo il sacrosanto diritto alla nostra autonomia tributaria, onorevole Einaudi; ad essa non rinunzieremo mai, a qualunque costo. Se lo ricordi! 
Ebbene, leggiamo il primo emendamento: 
Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della medesima e col gettito di tributi propri che essa rimane autorizzata a deliberare e ad incamerare < Le altre imposte erariali ordinarie sono disciplinate dalla legge dello Stato, sentita la regione per quanto attiene alla applicazione nel suo territorio, e del relativo gettito riscosso nel territorio stesso è attribuita alla Regione una quota da determinarsi annualmente dallo stato sentita la Regione>>. 
Che significa ciò? Significa, in primo luogo, che il Parlamento siciliano non dovrebbe avere più diritto di deliberare su qualunque tributo (come invece prevede lo Statuto siciliano ora vigente), ad eccezione delle imposte di fabbricazione e delle entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto, in quanto le imposte erariali ordinarie dovrebbero tornare ad essere di competenza dello stato (secondo il vostro disegno), il quale stato, naturalmente, non rinuncerà affatto alle imposte delle entrate dalle imposte di fabbricazione, dei tabacchi e del lotto; anzi, ora pretende di impossessarsi anche delle imposte doganali.
Ben a ragione, pertanto, il Parlamento siciliano con l’articolo 3 della legge sull’esercizio provvisorio del bilancio, ha tenuto conto del ricavato di tutti i tributi, comprese le entrate delle dogane. E voi oggi ce li volete togliere? Ma badate bene, per toglierci questi tributi, dato e non concesso che la loro appartenenza alla Sicilia sia discutibile, il Governo, in base allo Statuto che è già in attuazione, avrebbe dovuto ricorrere all’Alta Corte costituzionale siciliana e averne riconosciuto il diritto. Non lo ha fatto: ha fatto decorrere i termini dell’impugnativa. Non essendo riuscito per questa via, onorevole Einaudi, lei pretende di raggiungere lo scopo revocando, addirittura per legge, il potere della Sicilia di legiferare in 
materia di tributi, comprese le entrate doganali, non più limitando il potere dello Stato alle sole imposte di fabbricazione ed alle entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto. Tutto ciò è veramente enorme. 
Non v’è dubbio che l’attribuzione alla Sicilia di tutte indistintamente le imposte, ad eccezione di quelle testé specificate, non fu fatta da gente che avesse la testa nel sacco, ma fu fatta molto ponderatamente; ciò rispondendo alle precise richieste delle rappresentanze siciliane. E oltre all’onorevole DE Gasperi, firmarono lo Statuto gli onorevoli Nenni, Cianca, Romita, Togliatti, Scoccimarro, Corbino, Gasparotto e via dicendo; tutti uomini forniti di senso di responsabilità, che non avrebbero data la loro adesione, se non fossero stati convinti dalla necessità della concessione della autonomia tributaria. Ed oggi, onorevole Einaudi, in sede di coordinamento, lei pretende di attribuire allo stato quelle imposte delle quali lo stato volontariamente si è spogliato! Ma si rende conto il Ministro del Bilancio di questo ritorno al passato? 
V’è un’altra cosa di molta gravità sulla quale io desidero di intrattenere brevemente l’Assemblea Costituente. Ai fini del nuovo assetto economico della Sicilia, noi ci siamo basati sul ricavato delle nostre esportazioni che sono molto vantaggiose; e lei, onorevole Einaudi, lo sa. Lei sa che l’eccedenza dei valori delle nostre esportazioni, nel 1945 fu di circa10 miliardi di lire; lei sa che nel 1946 fu di oltre 11 miliardi, di cui uno di attivo per il nostro Bilancio con l’estero e che nel primo semestre del 1947 l’eccedenza fu di 13 miliardi, di cui circa 4 miliardi dalle nostre esportazioni con l’estero. Io non ho i dati del secondo semestre, ma solo che si raddoppieranno le cifre del primo semestre, ché certo saranno per il secondo semestre superiori, si avrà per il 1947 un’eccedenza di 26 miliardi; di cui circa 8 con l’estero. Per quel che riguarda il 1948 saranno certamente superiori, calcolando il livello di crescita annuo della Sicilia (fino ad allora! poi la nostra crescita economica l’hanno stoppata con la determinante complicità dei nostri politici, specie di quelli “romani”!).
Orbene, che cosa fa l’onorevole Einaudi? Sotto la preoccupazione già accennata dal presidente del Consiglio, che cioè la lira italiana in Sicilia possa avere un valore superiore in confronto della lira nella Penisola, eventualità della quale noi siciliani ce ne compiacciamo, perché ci darà, un giorno che ci auguriamo non lontano, la possibilità di creare una nostra valuta, l’onorevole Einaudi sbocca in una proposta che noi nettamente respingiamo, ed è questa: <>. No, onorevole Einaudi, la sua proposta è assolutamente inaccettabile. Per la Sicilia non deve valere alcun regime vincolistico di valute. Ben comprendiamo, che le valute pregiate, frutto del lavoro e del sudore dei nostri emigrati, costretti a cercare all’estero il pane che gli avete impedito di trovare nella loro terra, facciano gola a molti di voi. Ma noi siamo decisi a difenderle, perché ci sono indispensabili per quel risorgimento economico, che la classe dirigente italiana, come avviene da 88 anni, pretende ancora di ostacolare. Lei, onorevole Einaudi, vuole togliere alla Sicilia quello che le è assolutamente necessario per dare corso al suo programma di formazione e di sviluppo industriale, intrapreso nel 1946. Le industrie siciliane, onorevole Einaudi, si stanno riprendendo da una quasi secolare anemia, e ora il suo provvedimento che concede crediti soltanto alle grandi industrie (come la FIAT, la Pirelli, la Montecatini), e ha reso impossibili il finanziamento delle piccole e medie imprese siciliane, le manderà sicuramente alla rovina! A queste bisognava pensare prima ancora che a quelle; perché queste ben più che quelle, sono la spina dorsale sì, dell’economia italiana, ma ancor più di quella siciliana. Ma io non voglio affrontare, in questa sede, argomenti di natura tecnica. A me interessa il lato politico della questione. 
Signori deputati, voi che siete unitari – io sono per un’unità diversa da quella che voi volete mantenere; io sono per l’unità federale dei liberi Stati italiani – credete che questa discussione e soprattutto lo spirito che è alla base di essa, cementino l’unità d’Italia? Agendo in questo modo assolutamente no. Perché è ora che lo capiate, noi non ci staremo più a recitare il ruolo dei poveri emarginati esposti al libero arbitrio del Governo italiano. Vi soggiungo, che io amo la terra d’Italia e il popolo italiano quanto amo la mia terra e il mio popolo, per speculare su questo vostro esiziale errore, che è poi la vostra grande debolezza.
Noi deputati siciliani – e non mi riferisco soltanto ai miei amici indipendentisti, ma a tutti i colleghi delle altre correnti politiche siciliani; ai democristiani, ai comunisti, ai socialisti, ai liberali e ai repubblicani, perché sono tutti concordi in questo. Tutti pensavano che il coordinamento dovesse essere di carattere formale, non sostanziale, non cioè, un coordinamento che scardinasse, come si vuol fare, lo Statuto siciliano. Noi pensavamo (perché così era) che questo fosse il pensiero del legislatore, che lo Statuto siciliano già in esecuzione da ben 32 mesi, quasi tre anni, dovesse essere annesso e inserito nella Costituzione italiana; magari con lievi modifiche di forma, richieste dal coordinamento. E noi indipendentisti chiedemmo che lo Statuto siciliano dovesse far parte integrante, come allegato, della Costituzione, perché credevamo, sicuramente molto ingenuamente, che così il nostro Statuto corresse minori pericoli e vi fossero minori probabilità di riforma, trattandosi di Costituzione rigida. Ma ciò non si è voluto fare, e si è colta l’occasione per mandar tutto all’aria. Siamo stati stupidi a fidarci ancora di voi!
Noi abbiamo anche il dovere di dover sottolineare, che il procedimento della Commissione è stato veramente anomalo. Essa non ci ha fatto nemmeno distribuire, perché noi potessimo fare i necessari confronti, il nuovo testo dello Statuto presentato sottobanco dal ministro Einaudi. Ora scopriamo che si trattava di uno statuto siciliano riscritto ex novo, nella 
forma e nella sostanza. Vanamente voi, onorevoli colleghi della commissione, volete illuderci, dicendo: <>. Ma vivaddio, signori miei, non siete d’accordo con noi; e poi credeteci: siamo delusi e amareggiati, ma non potete anche trattarci per stupidi; perché, anche se troppo tardi, abbiamo capito tutto dei vostri giochi e delle vostre combine. Un’altra cosa mi preme dire – il vostro atteggiamento è stato avverso allo Statuto siciliano e ostile, come sempre, alla Sicilia e ai siciliani. Vivi mormorii dal centro.
CEVOLOTTO RELATORE. No! Anzi hanno dichiarato apertamente di prender atto della nostra comprensione e della amicizia con cui abbiamo trattato con loro.
FINOCCHIARO APRILE: Infatti, per protesta sono andati via, come gli onorevoli Germanà e Leone Marchesano, deputati del parlamento siciliano. 
Cosicché è venuto non l’’auspicato coordinamento formale, ma il coordinamento sostanziale, e si è fatto un altro Statuto; quindi è chiaro che il vero Statuto siciliano non esiste più.
PRESIDENTE. La pregherei di non entrare in un esame particolareggiato delle varie proposte, perché altrimenti tanto varrebbe passare all’esame degli emendamenti. Resti alla semplificazione.
FINOCCHIARO APRILE: Sta bene. Ma su quattro punti fondamentali qualche parola è necessario che io la dica; e di essi il primo riguarda l’articolo 14.
Con questo articolo 14 dello Statuto del 1946, vigente, la Sicilia ha la legislazione esclusiva su svariate materie, nel limite delle leggi costituzionali dello Stato. Noi abbiamo lealmente accettato ed applicato questa disposizione; ma non così ha fatto la Commissione la quale l’ha trasformata completamente; e noi dichiariamo nel modo più reciso di non poter aderire a tale arbitraria trasformazione. Il coordinamento non ha nulla a che vedere con quello che avete fatto; perché, quando voi aggiungete all’articolo 2 del nuovo testo proposto, le parole: <>, voi fate cadere di peso il potere legislativo dello Statuto siciliano già sancito in Sicilia e lo riducete a nulla, perché, ove nell’ordinamento giuridico dello stato vi sia un complesso di leggi organiche riguardanti i vari rami dell’amministrazione, noi non avremo più nessuna libertà, ma dovremo adattare il nostro potere normativo a quelle leggi, anche quando la Sicilia si trovasse nelle condizioni di avere delle particolari e imprescindibili esigenze. Ciò è molto grave e distrugge alla base il sistema autonomistico siciliano. Il secondo punto riguarda l’articolo 21; ed io mi domando: perché avete voluto togliere al presidente della Regione - lasciamo stare il rango di Ministro, ché questa è cosa di carattere formale e di poca importanza - il diritto di intervento nel Consiglio dei Ministri con voto deliberativo e pretendere di dargli soltanto voto consuntivo? I rilievi e le osservazioni fatte dall’onorevole Cevolotto sono inconsistenti e non toccano la sostanza delle cose. Bisogna rifuggire dall’eccesso di formalismo; e, in verità, non v’è proprio nulla di strano, né di incostituzionale, che vi sia nel Consiglio dei Ministri un membro non nominato come gli altri, ma designato a farne parte, soltanto per argomenti particolari, da un organo diverso da quello dal quale ripetono la loro origine. Nella storia costituzionale sono numerosi gli esempi del genere. Non vi fu un tempo, ad esempio, nel quale il Ministro per l’Irlanda non era nominato in Gran Bretagna dal Re? Perché, dunque, tanto misoneismo a proposito della Sicilia?La determinazione di fare intervenire nel Consiglio dei Ministri il Presidente della regione con voto deliberativo fu fatto di grande accorgimento politico, risponde ad un vivo desiderio del popolo siciliano, espresso in varie occasioni. L’intervento con semplice voto consultivo non rappresenta niente, sminuirebbe semplicemente l’autorità e il prestigio del presidente della Regione e tanto varrebbe sopprimerlo.
Permettetemi ora di esprimervi il mio pensiero sulle modifiche proposte all’articolo 24, per quanto riguarda l’Alta Corte. Ha detto benissimo l’onorevole Ambrosini: l’Assemblea Costituente ha già virtualmente convalidato, in due occasioni, l’Alta Corte siciliana, eleggendo i rappresentanti dello stato in essa, così come abbiamo fatto noi al Parlamento siciliano. Ora ci si viene a dire, che quest’Alta Corte dovrà funzionare solo temporaneamente, fino a che non entrerà in carica la Corte costituzionale italiana. Non è, né può essere così. Si tratta di istituzioni diverse nella loro struttura e nelle loro finalità: compito limitato e circoscritto, è quella dell’Alta Corte siciliana; compito vasto e complesso quello della Corte costituzionale italiana. Inoltre, nella prima, la Sicilia ha la sua diretta rappresentanza, nella seconda no. Vi è, poi, fra esse disparità di poteri per cui l’una non potrebbe assorbire l’altra, senza snaturare il differente criterio che ha guidato il legislatore nell’istituirle. Vorrei dire che vi è fra le due Corti un essenziale contrasto che va mantenuto. Il mio amico Calamandrei, che come cultore eminente di diritto privato è forse meglio dei pubblicisti della Commissione in condizione di rilevare questa sintesi, vi dirà, forse, che quello che avete fatto deve essere, nell’interesse giuridico e processuale, assolutamente annullato. 
L’Alta Corte per noi siciliani, aveva ed ha un significato veramente particolare, un significato tutto nostro, anche in relazione fra lo stato e la Regione. La Corte costituzionale italiana potrà servire a derimere i conflitti fra lo stato e le 
Regioni regolate normalmente dalla Costituzione; non i conflitti fra lo stato e le Regioni a statuto speciale, che abbisognano di un ente speciale quale è appunto l’Alta Corte siciliana. Questa, pertanto deve essere mantenuta. Vengo finalmente all’ultimo punto, e cioè alla polizia, cui si riferisce l’articolo 31. Noi credevamo di avere ottenuto una cosa da noi siciliani insistentemente richiesta e sollecitata, quella che la polizia sia alle dipendenze del Presidente della Regione. Ripetutamente in quest’Aula, da me e dal collega Gallo, fu deplorato il funzionamento della polizia in Sicilia e furono invocate riforme sostanziali che la mettano, nell’Isola, al livello delle più progredite polizie del mondo. Lo Stato non si è voluto impegnare ad eliminare questo grave inconveniente, invece noi siamo convinti di riuscirci. Ma, oltre a ciò, non vi è autonomia che possa concepirsi e possa funzionare, senza che il Governo della Sicilia abbia nelle sue mani uno strumento tanto delicato come la polizia. In caso contrario il Governo sarebbe alla mercé del Ministro dell’interno italiano, privando il Governo siciliano della sua libertà d’azione (Come dall’ora in poi è sempre avvenuto). 
L’insistenza con la quale si pretende di restringere notevolmente, se non di sopprimere i poteri del Governo siciliano è molto sospetta e noi non possiamo non ribellarci a questo tentativo. In ultimo debbo rilevare che le tardive e non disinteressate obiezioni di ceti giudiziari e forensi romani, accennate dall’onorevole DE Gasperi, alla costituzione in Sicilia di sezioni della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, non hanno alcun serio fondamento. Se le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti sono tecnicamente necessarie in Sicilia, dato l’introdotto sistema dell’autonomia, la sezione della Corte di cassazione è indispensabile. Non si obietti essere ciò contrario all’uniformità della giurisprudenza. Io ho sempre pensato che questa uniformità, da taluni decantata, sia un grave danno non solo per l’amministrazione della giustizia, ma anche per il progresso degli studi giuridici. L’unificazione delle Corti di cassazione distrusse in Italia parecchi centri di cultura che avevano potentemente contribuito all’evoluzione del pensiero giuridico. Fra questi centri primissimo fu quello di Palermo. La Corte di cassazione siciliana, che può considerarsi risalente ai tempi di Federico II di Svevia, fu invero la maestra di tutte le altre. Io ricordo che i conflitti di giurisprudenza venivano quasi sempre decisi dalla Corte palermitana. Ed aggiungo, che vi sono materie connesse a superstiti istituti giuridici feudali ed ecclesiastici che hanno bisogno di una particolare sensibilità, che non può avere che il supremo giudice siciliano, più adatto, del resto, all’interpretazione e all’applicazione della legge in un Paese che ha le sue speciali esigenze ed una propria, ultramillenaria, storia. Si è tardato fin troppo, a creare nell’Isola la sezione della Corte di cassazione, e le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. La Sicilia attende che lo stato assolva questo impegno d’onore. 
Concludendo, io dichiaro di non accettare nulla del nuovo Statuto. Non lo accetto, non solo perché la Commissione è andata assai oltre le funzioni assegnatale ed compiuto un eccesso di poteri (che solo uno Stato “democraticamente”totalitario poteva permetterselo: e se lo è permesso!), ma perché dire ai siciliani che è stato sostituito lo Statuto originale siciliano e fare sapere che si sono soppressi quasi tutti i poteri, che per effetto del nostro Statuto speciale, già attribuiti alla Sicilia, e dei quali essa già ne ha goduto fino adesso, significherebbe turbare profondamente e con gravi conseguenze il sentimento del popolo siciliano. *
Io non voglio usare, signori deputati, parole grosse. Nell’Isola di dice già, che qui si vuole tradire il popolo siciliano con questi provvedimenti che voi avete proposti (ed attuati). Io mi auguro che l’Assemblea Costituente, con alto senso di responsabilità, respingerà unanime tutte le proposte lesive di tutti i diritti ormai acquisiti e che accoglierà l’emendamento che io ho avuto l’onore di presentare e che si avvicina molto a quello del mio amico Ambrosini, al quale avete tolto la legittima soddisfazione di riferire sullo Statuto siciliano. Avete fatto molto male! Anche questo è stato vivamente deplorato in Sicilia! Chiudo esortandovi ad operare ognora in modo che la Sicilia non venga ancora tradita dall’Italia e dai politici seduti in questa Assemblea.
LI CAUSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI CAUSI. Onorevoli colleghi, credo che tutti abbiamo l’impressione che stiamo discutendo e vogliamo risolvere un problema che implica enormi responsabilità; e che non è possibile sfuggire a questa responsabilità. E non basta: da parte di coloro che in questa Assemblea sono antiautonomisti, e in particolare antiautonomisti nei confronti della Sicilia, vi sono riserve ed avversioni per il nostro Statuto. Perché prima la Commissione dei Diciotto toglie qualche cosa; il Governo ce ne toglie qualche altra; vedremo certamente sorgere in questa Assemblea qualcuno che si preoccupa di qualche altro aspetto dello Statuto siciliano e vorrà togliercelo; a compimento, interverranno i giuristi puri, coloro che vogliono che la legge sia unica per lo Stato; che i sommi principi, e i principi fondamentali non soffrano offese e si ripeterà l’errore funesto e cruento del 1860: la legislazione unica imposta dall’alto alla Sicilia, con le gravissime conseguenze che paghiamo ancora. Oggi però, la situazione non è più quella del 1860; allora la classe dominante ebbe la forza di imporre soffocanti e durissime condizioni alla Sicilia. Oggi le classi dominanti sentono che non hanno più questa forza, ed ecco perché si è perplessi in questa Assemblea e si cerca, beninteso “per l’amore verso la Sicilia”, di darci lo zuccherino. Si dice: <>. No, signori, la verità è proprio questa: che politicamente si vuole 
imporre una legislazione unica; e si vuole sottrarre più che sia possibile alla Sicilia la legislazione esclusiva; si vogliono vanificare gli statuti speciali; si vuole impedire alla Sicilia e alla Sardegna di svilupparsi senza aspettare dei secoli! Se i deputati siciliani si dimostreranno compatti, indipendentemente dal loro colore politico, schierati in un unico fronte, e faranno lotta comune in difesa del nostro Statuto, noi dimostreremo che questo Statuto non è una concessione elargita dall’alto, ma esso è una conquista del popolo siciliano. Lo Statuto per l’autonomia Siciliana è il risultato di lotte, di tanto sangue versato e di molte giovani vite immolate per la libertà della Sicilia e del popolo siciliano. È il risultato di un travaglio per ottenere quelle libertà che per i motivi storici a tutti noti, da moltissimi anni vengono compresse. Io devo associarmi a moltissime considerazioni che sono state svolte dall’onorevole Finocchiaro Aprile, le ritengo giuste e credo che siano giuste per tutti i deputati siciliani che sono qui. 
Tutto questo, indipendentemente da quelle che possono essere le legittime preoccupazioni dei rappresentanti delle altre regioni oggi presenti in questa Assemblea, indipendentemente dalla preoccupazione di chi, come noi, ha il dovere di vedere il quadro generale in cui inserire questo problema, vi è un problema essenziale, il problema dell’autonomia siciliana che si racchiude nell’articolo 14 dello Statuto. Ma come?! Non vi bastano i limiti che le leggi costituzionali dello Stato pongono alla nostra autonomia? Quali altri limiti volete che ci siano? Se l’autonomia deve essere una cosa seria, essa ha già i limiti nettamente segnati da una parte della Costituzione, dall’altra dallo Statuto siciliano. Di qui non possiamo muoverci. Cosa vuol dire aggiungere all’articolo 14 i limiti di <>? Che significato hanno queste parole? Ognuno le interpreta a modo suo e voi vedreste che al momento dell’attività legislativa, il nostro Parlamento sarebbe paralizzato perché chi ha interessi contrari al popolo, ogni legge dell’Assemblea regionale favorevole ai diritti del nostro popolo vedrebbe una violazione ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico. La Commissione dei Diciotto pur “nella forma più corretta e più alta” ha svolto il compito di sminuire il vigore e il contenuto della nostra autonomia, e ha presentato a questa Assemblea un nuovo Statuto! Eppure non vi erano stati rapporti meno che cordiali tra la delegazione siciliana e la Commissione. Abbiamo discusso lungamente, duramente nella sostanza; ma la forma è sempre stata della massima cordialità. E devo soggiungere che vi è stato uno sforzo di comprensione reciproca. 
Ciò nonostante, volete metterci nelle condizioni di prendere o lasciare. Ma se gli onorevoli colleghi delle altre regioni si fossero rifatti alla situazione siciliana di qualche anno fa, avrebbero capito che né per opera di Aldisio di impedirlo, né Finocchiaro Aprile a volerlo, si sarebbe potuto creare, dal nulla, un movimento indipendentista così forte e numeroso, se alla base non ci fossero state le forze siciliane in moto per volerlo e sostenerlo. Solo 2 anni fa, non per concessione del Governo italiano avremmo avuto l’autonomia che oggi voi volete cancellare, ma l’avremmo ottenuta col concorso del nostro popolo, rappresentato da un partito che contava 850.000 mila iscritti: più di 2 milioni di voti a nostro favore! Collegandomi alle parole del mio amico Finochiaro Aprile, anch’io dico con forza: noi siciliani non rinunceremo mai alla nostra autonomia che ci permette, per la prima volta dal lontano 1860, di dire finalmente ad alta voce: non ci prenderete più in giro, o signori del Governo centrale; non permetteremo più ai nostri deputati che fingono di essere favorevoli all’autonomia quando fanno i comizi in Sicilia, e gli ascari venduti a Montecitorio! Noi faremo in modo che i siciliani non prenderanno più fregature. E non è iattanza la nostra, il popolo siciliano è in fermento e cosciente della propria forza, del proprio diritto storico cancellato con la forzata annessione all’Italia; non permetteremo più le repressioni del 1860, del 1866, del 1870, del 1894 e del 1919. Vi assicuriamo che quel che è avvenuto allora non avverrà più.
Così gridava Li Causi, a nome dei pochi politici siciliani onesti. Ma purtroppo, la maggioranza dei politici siciliani erano, e sono ancora, di tutt’altra pasta di Li Causi Finocchiaro Aprile. Il rimanente dei politici servili è complici delal politica istituzionale governativa dello Stato italiano, amavano e continuano ad amare la Sicilia solo a parole: solo quando dovevano e devono convincere i siciliani a dargli i voti per poter poi continuare a tradire la Sicilia e i siciliani. Questo avveniva allora, e questo avviene ancora oggi! Riportiamo ora il risultato del voto segreto sugli emendamenti presentati da Einaudi, che assieme a Cevolotto, Persico ed molti altri, erano per la modifica radicale del nostro Statuto: per svuotarne dell’oltre ottanta per cento il contenuto della sua autonomia; e in questo iniquo disegno, sono stati vanamente, contrastati da quei pochi deputati che sapete, gli altri deputati siciliani fingevano e poi… tradirono! Evidentemente questa è una loro prerogativa, se ogni volta che si devono difendere gli interessi della Sicilia si defilano o votano contro! Comunque, ecco i risultati delle due votazioni: una riguardava gli emendamenti allo Statuto presentati dal ministro del Bilancio Einaudi, l’altra, con quegli emendamenti già approvati, sanciva che lo Statuto siciliano venisse inserito nell’articolo 116 della Costituzione italiana alle condizioni di quegli emendamenti imposti da Luigi Einaudi.
Le due votazioni si svolgeranno col voto segreto. 
Prima votazione. Favorevoli o contrari agli emendamenti Einaudi. 
Pr esenti e votanti: 334.
Maggioranza: 168.
Voti favorevoli agli emendamenti Einaudi: 201.
Voti contrari: 133. L’Assemblea approva.
Seconda votazione. L’inserimento dello Statuto siciliano nell’articolo 116 della Costituzione.
Presenti 287.
Votanti: 286. 
Astenuti 1.
Maggioranza: 144.
Voti favorevoli: 232.
Voti contrari: 54. L’Assemblea approva.