Per non Dimenticare: Il massacro di Caltavuturo

 

Il 20 gennaio 1893, a Caltavuturo (PA), cinquecento contadini, di ritorno dall'occupazione simbolica di alcune terre del demanio, vennero dispersi da soldati e carabinieri armati di fucile, e tredici manifestanti caddero vittime. 

A seguito di tale massacro furono organizzate numerose manifestazioni di solidarietà sia da parte dei Fasci, che sul piano nazionale, ed aumentò l'esasperazione dello scontro sociale.

Il Congresso di Palermo

Il 21 e 22 maggio 1893 si tenne il congresso di Palermo cui parteciparono 500 delegati di quasi 90 Fasci e circoli socialisti. Venne eletto il Comitato Centrale, composto da nove membri: Giacomo Montalto per la provincia di Trapani, Nicola Petrinaper la provincia di Messina, Giuseppe De Felice Giuffrida per la provincia di Catania, Luigi Leone per la provincia di Siracusa, Antonio Licata per la provincia di Girgenti, Agostino Lo Piano Pomar per la provincia di Caltanissetta, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro per la provincia di Palermo.

L'apice del movimento fu raggiunto nell'autunno del 1893, quando il movimento organizzò scioperi in tutta l'isola e tentò un'effimera insurrezione. La società siciliana fu sconvolta, ovunque si ebbero violenti scontri sociali, ed il movimento dettò le proprie condizioni alla proprietà terriera per il rinnovo dei contratti.

La repressione

In questo contesto, il presidente del consiglio Francesco Crispi, siciliano di origini albanesi, nel tentativo di ristabilire l'ordine e pronto a reprimere ogni intento di disgregazione del suolo nazionale, adottò la linea dura con un intervento militare comprendente esecuzioni sommarie e arresti di massa. Il movimento fu sciolto nel 1894 e i capi vennero arrestati dal Commissario Regio Roberto Morra di Lavriano. Il 30 maggio il tribunale militare di Palermo condannò Giuseppe de Felice Giuffrida a 18 anni di carcere, Rosario Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro a 12 anni di carcere quali capi e responsabili dei Fasci siciliani. L'on. de Felice fu difeso in sede giudiziaria dall'avvocato siciliano G.B. Impallomeni. Nel 1895, con un atto di amnistia, venne concessa la clemenza a tutti i condannati in seguito ai fatti dei fasci siciliani.