Dipart. INTERNI: l'illegalità delle prefetture sul suolo Siciliano

La prefettura (dal 2004 denominata Prefettura - Ufficio Territoriale di Governo), è un organo periferico del Ministero dell'Interno che ha funzioni di rappresentanza generale del governo e dello Stato italiano sul territorio della provincia.

Già questo afferma lo stato di colonizzazione della Sicilia, e l'illegalità delle prefetture sul suolo Siciliano
uno Stato all’interno dello Stato Federato Siciliano

 

È retta da un prefetto che ha il compito generale di garantire l'esercizio coordinato dell'attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e vigilare sulle autorità amministrative operanti nella Provincia, oltre ad esercitare rilevanti funzioni proprie nel campo dell'ordine e sicurezza pubblica, dell'immigrazione, della protezione civile, dei rapporti con gli enti locali, della mediazione sociale e del sistema sanzionatorio amministrativo.

Il prefetto, nell'ordinamento amministrativo italiano, è un organo monocratico dello Stato, rappresentante del governo territoriale di province e città metropolitane.

 

La figura del prefetto venne introdotta da Napoleone sul territorio peninsulare da lui conquistato, con decreto del 6 maggio 1802, quale sistema di organizzazione dei poteri locali piramidale - gerarchico, che rispecchiava quello francese: il territorio era ripartito in dipartimenti, distretti, cantoni (a soli fini elettorali) e comuni.

Al dipartimento era preposto un prefetto, nominato dal ministro dell'interno, al distretto un sottoprefetto e al comune il sindaco, che era al contempo organo esponenziale dell'ente e delegato del Governo.

 

Con la caduta di Napoleone e la restaurazione dei precedenti ordinamenti monarchici, il nuovo sistema di organizzazione amministrativa fu generalmente mantenuto, riconosciuto dagli stessi efficiente.

Così fece anche il Regno di Sardegna che, con la legge comunale e provinciale n. 3702 del 1859, divise il territorio in province con a capo un governatore provinciale, circondari con a capo un intendente e comuni con a capo il sindaco.

Con il regio decreto n. 250 del 1861 la denominazione del governatore provinciale fu mutata in prefetto e quella dell'intendente in sotto-prefetto.

 

Con  la criminale colonizzazione che portò all’unificazione forzata d'Italia del 1861, la legislazione piemontese fu poi estesa a tutto il territorio colonizzato, con la legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato A. Secondo l'art. 3 di detta legge: "Il Prefetto rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia; esercita le attribuzioni a lui demandate dalle leggi, e veglia sul mantenimento dei diritti dell'autorità amministrativa elevando, ove occorra, i conflitti di giurisdizione ...; provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi; veglia sull'andamento di tutte le Pubbliche Amministrazioni, ed in caso d´urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami del servizio; sopraintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica, e di richiedere la forza armata; dipende dal ministro dell'Interno, e ne esegue le istruzioni".

I prefetti erano nominati e trasferiti con decreto reale, su deliberazione del Consiglio dei ministri adottata su proposta del ministro dell'Interno. Il Governo poteva assumere tali decisioni con la più ampia discrezionalità, anche perché nessun requisito era prescritto per la nomina.

In epoca fascista, con  L'art. 3 del Regio decreto 1 del 1927, vennero soppresse le sottoprefetture, trasferendo le attribuzioni alle prefetture.
I prefetti furono uno degli strumenti di cui si avvalse Mussolini per la politica di centralizzazione e rafforzamento del potere esecutivo. Il ruolo del prefetto fu, quindi, ulteriormente rafforzato e il regime si servì di istituti quali il collocamento a riposo per ragioni di servizio o il collocamento a disposizione allo scopo di allontanare i prefetti sgraditi.

A livello provinciale non furono infrequenti le tensioni tra i prefetti e i massimi dirigenti locali del PNF, i segretari federali (più noti come "federali"), sebbene una circolare di Mussolini del 1927 avesse ribadito che il prefetto doveva considerasi la prima autorità locale. Tali contrasti vennero risolti dal duce solo durante la Repubblica Sociale Italiana, allorquando trasformò la carica prefettizia in quella del Capo della Provincia alla quale, sul modello di quella del Capo del Governo, ogni altra figura amministrativa o partitica avrebbe dovuto sottoporsi. Tale riforma tuttavia, essendo stata emanata da un governo illegale operante su solo una parte del territorio nazionale, non entrò mai stabilmente nell'ordinamento giuridico, e decadde automaticamente ab initio al momento della Liberazione.

La Costituzione repubblicana del 1948 non nomina in alcun articolo il prefetto, perché in seno all'Assemblea costituente non si raggiunse l'accordo circa il mantenimento di questa figura, mentre aveva previsto un organo per certi versi analogo a livello regionale: il commissario del governo. Anche i commissari del governo erano tratti dalla carriera prefettizia, anzi, secondo una prassi invalsa, la titolarità dell'ufficio fu attribuita allo stesso prefetto del capoluogo regionale. Il commissario del governo è stato soppresso dalla riforma costituzionale del 2001, che ha attribuito alcune delle sue funzioni al prefetto del capoluogo di regione, in qualità di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.

Con le grandi riforme del sistema amministrativo italiano degli anni novanta, la figura trovò la sua conferma definitiva, il prefetto divenne, allora, una figura carica di significati centralisti se non autoritari, anche sotto il profilo della tutela dei diritti di cittadinanza e di fronte a problemi gravi o calamità naturali, spesso a prescindere dalle competenze formali.
Una figura di referente dello Stato.

Dopo l’accettazione da parte di Umberto II dello Statuto Siciliano con Regio Decreto Legislativo n° 455 del 15 maggio 1946 e la ricostituzione del Parlamento Siciliano ( anche se delegittimato a Assemblea Regionale Siciliana) nel 25 maggio 1947, le provincie in Sicilia furono abolite Art. 15 dello Statuto;

la circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione Siciliana.
l’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui liberi consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa  e finanziaria.
Nel quadro di tali Principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali.”

Automaticamente venivano aboliti anche i prefetti e le prefetture, tutte le sue competenze venivano attribuite alla Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana.

A garanzia delle attività legislative tra lo Stato centrale e l’Assemblea Regionale Siciliana, fu istituita l’Alta corte Siciliana, Art. 24 dello Statuto Siciliano;

“ E istituita in Roma un’Alta Corte con sei membri e due supplementi, oltre il Presidente ed il Procuratore Generale, nominati in pari numero dall’Assemblea legislativa dello Stato e della Regione Siciliana, scelti tra persone di speciale competenza in materia giuridica.
Il Presidente e il Procuratore Generale sono nominati dalla stessa Alta Corte.
L’onere finanziario riguardante l’Alta Corte è ripartito equamente tra lo Stato italiano e lo Stato Siciliano.”

Nel 1957 l’Alta Corte siciliana fu abolita con un normale è semplice comunicato Stampa, dopo una Consulta ordinaria del Consiglio dei Ministri dell’allora Governo Italiano, che deliberò le seguenti Sentenze;- La n° 38 del 1957 e successivamente la n° 6 del 1970.
Dall’abolizione dell’Alta Corte Siciliana le sue competenze vennero affidate alla Corte Costituzionale Italiana, fu costituito il “Commissario di Stato per la Sicilia” a cui veniva rimesso il consenso inderogabile alla legiferazione del Parlamento Siciliano, figura unica per la Sicilia non presente per le altre quattro regioni autonome.
Il commissario di Stato per la Sicilia e stato abolito nel 2014 con sentenza n°255 della Corte Costituzionale, le sue competenze passano direttamente al Consiglio dei Ministri del governo italiano.

Le provincie furono ricostituite nel 1964, con la legge n. 142/1990, i comuni e le province furono autorizzati ad adottare un proprio statuto.

Il 30 giugno 2013, il governatore Rosario Crocetta, con un provvedimento radicale licenziò tutte le autorità provinciali sostituendole con commissari da lui stesso nominati, ma vennero fermate proprio a Roma dalla Corte Costituzionale che il 3 luglio cassò la riforma Monti, giudicandola incostituzionale a causa dell'uso di un decreto per riformare un ente costituzionalmente garantito quale la provincia.

Al Parlamento siciliano il dibattito subì una brusca frenata, obbligando a continue proroghe o nomine di nuovi commissari, mantenendo nel frattempo comunque in vita gli enti e garantendo il relativo personale impiegatizio.
Solo con la legge regionale n.15 del 4 agosto 2015 si approva l'eliminazione delle Province e la loro sostituzione con sei Liberi consorzi comunali e le tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, che mantengono territorio e funzioni della vecchie provincie regionali, mentre i commissari nel novembre 2015 sono ulteriormente prorogati fino al giugno 2016.

 

Da questo si può dedurre che le prefetture continuano ad espletare le sue competenze sul territorio Siciliano illegalmente da ben 69 anni.