Dipart. AMBIENTE: referendum trivelle 17 aprile 2016 votate SI anche se rimane una vittoria a metà.

Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise che avevano depositato in cassazione a settembre 2015 sei quesiti referenziali chiedendo  l'abrogazione di un articolo dello Sblocca Italia e di cinque del decreto Sviluppo ne ottengono solo uno,  quello che riguarda le misure del decreto Sviluppo sul divieto delle operazioni per l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine.

Alla luce di tutto questo sarebbe corretto da parte di tutti quelli che pubblicizzano il referendum di mettere a conoscenza gli aventi diritto al voto che in caso di vittoria del “SI” ad oggi, non si fermerebbero le trivellazioni, ma solo le trivellazioni entro le 12 miglia dalle coste.

 

Si voterà il 17 aprile 2016.

Comunicato del Consiglio dei Ministri

comunicato consiglio dei ministri referendum trivellazioni.pdf (147591)

Ma la data potrebbe saltare, a seguito dell’ultima carta calata da sei Consigli regionali che hanno presentato alla Corte Costituzionale due conflitti di attribuzione su altrettanti quesiti esclusi dalla Cassazione lo scorso gennaio.

 

L’ORDINANZA DELLA CASSAZIONE. Dopo le modifiche volute dal governo, approvate dal Parlamento e introdotte dunque con la Legge di Stabilità 2016, l’Ufficio centrale per i referendum presso la Corte di Cassazione, che il 26 novembre scorso aveva dichiarato conformi alla legge i sei quesiti referendari contro le trivellazioni, ha stabilito che solo uno di essi mantiene i requisiti.
Vengono dichiarati inammissibili i referendum che investono norme dello Sblocca Italia (tre dei quali già accolti nella Legge di Stabilità), mentre è ammesso quello che riguarda misure del decreto Sviluppo sul divieto di trivellazioni per l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine.
L’ordinanza è stata depositata venerdì 8 gennaio.
Il Parlamento aveva approvato la modifica della norma del codice dell’ambiente che consentiva la conclusione dei procedimenti in corso, prevedendo però che i permessi e le concessioni già rilasciati non avessero più scadenza. Né si chiariva che i procedimenti in corso dovessero ritenersi definitivamente chiusi e non solo sospesi.

 

E su cui Regioni e No Triv non si arrendono, così sei delle dieci Regioni promotrici del referendum intendono sollevare il conflitto di attribuzione con il Parlamento: si tratta di Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania, che hanno presentato alla Corte Costituzionale due conflitti di attribuzione su altrettanti quesiti esclusi dalla Cassazione lo scorso gennaio.

Nel caso la Consulta dovesse ritenere ammissibili i ricorsi, infatti, gli aventi diritto al voto, sarebbero chiamati ad esprimersi non solo sulla durata delle trivellazioni in mare, ma anche sul Piano delle aree (strumento di pianificazione delle trivellazioni che prevede il coinvolgimento delle Regioni) abolito dal governo con un emendamento alla legge di stabilità. Non solo, tornerebbe in vita anche il quesito sulla durata dei titoli per la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma.
La Corte si pronuncerà il 9 di marzo, con un verdetto che potrebbe costringere il governo a rivedere la data del referendum, dal momento che vanno garantiti 45 giorni di campagna referendaria. La palla è ora nelle mani del presidente della Repubblica, che deve decidere se firmare il decreto dell’esecutivo (con la data del 17 aprile) o aspettare il verdetto della Consulta.


Alla luce di tutto questo sarebbe corretto da parte di tutti quelli che pubblicizzano il referendum di mettere a conoscenza gli aventi diritto al voto che in caso di vittoria del “SI” ad oggi, non si fermerebbero le trivellazioni, ma solo le trivellazioni entro le 12 miglia dalle coste.

 

decreto sbocca italia

decreto sblocca italia.pdf (1499404)