Dipartimento Beni e Attività culturali - “LA CADUTA DEI FALSI MITI DEL RISORGIMENTO ITALIANO”

“LA CADUTA DEI FALSI MITI DEL RISORGIMENTO ITALIANO” 
 

Riflessioni sulla storia siciliana, sulle cause e la nascita della politica mafiosa in Sicilia 

Voglio incominciare questo mio impegnativo lavoro, ricordando quanto ripeteva sempre mia madre nei momenti di grande difficoltà.
Proprio in quei momenti, allora difficilissimi, lei, come per darsi coraggio, diceva <<Non c’è nènti tantu difficili chi non si po’ffàri; picchì si veramenti si vòli, puru si ogni principiu è forti (anche se al principio tutto sembra molto difficile), si cci menti impegnu, ogni desideriu vèni an fini>>: Se ci metti impegno, puoi realizzare qualsiasi tuo desiderio. 

Adesso incominciamo a percorrere assieme il lunghissimo cammino nella nostra impareggiabile storia. 

Nei 50 mila e più anni dell’esistenza delle popolazioni che abitano la nostra isola, e negli oltre 4 mila anni della storia siciliana documentata: dal XX secolo avanti Cristo fino ad oggi, 2010, XXI secolo dopo Cristo, il capitolo più importante della nostra storia recente su cui vogliamo concentrarci, è il XIX secolo dopo Cristo. 
Noi tratteremo, anche se per sommi capi, tutte le varie tappe di questo lunghissimo periodo della storia siciliana di questi 4 mila anni, ma ci concentreremo di più, nei 12 anni che vanno: dal 1848 al 1860, senza tralasciare gli ultimi 32 anni della storia del Regno Borbone, 1816/48: i 32 anni del cosiddetto Regno della Due Sicilie.
Questo breve periodo di dodici anni, vede protagonisti principali tre infausti personaggi che poi decideranno le sorti della Sicilia. Essi sono: Francesco Crispi e Mazzini, tutti e due in combutta a cospirare contro la Sicilia, e Garibaldi. 
I primi due, Crispi e Mazzini, agiscono a partire dal 1848; il terzo, Garibaldi, dal 1860 in poi. Dei tre, Francesco Crispi e Mazzini sono stati i progettisti della nostra colonizzazione culturale che, senza accorgercene, ci portò come sacrificali pecorelle nelle fauci del famelico lupo savoiardo che poi ci avrebbe divorato nel 1860.
Francesco Crispi e Mazzini, li chiameremo gli ideologi di quanto doveva accadere dodici anni dopo; il terzo, Garibaldi, l’artefice della nostra aggressione (progettata e preparata fin nei minimi particolari dai primi due) del massacro di oltre 300mila siciliani, della completa spoliazione dell’ex Regno di Sicilia, della cancellazione della nostra identità, della nostra libertà e della nostra memoria storica. 
Per quel che invece concerne la storia siciliana del XX secolo, nel 1948 incomincia l’ultima tragedia del popolo siciliano, dopo i moti della nostra guerra di resistenza per l’indipendenza della Sicilia, sostenuta dagli indipendentisti a partire dal 1943/ 1946, che si concluse il 30/31 gennaio del 1948, con la definitiva colonizzazione del popolo siciliano (complice il vile tradimento dei politici siciliani di allora). Ma è a partire dal 31 gennaio del 1948, che si decide la definitiva cancellazione della nostra memoria storico-culturale. Da quel momento, la nostra memoria storico-culturale doveva diventare sempre più marginale, fino ad essere bandita e cancellata definitivamente, dalla didattica e dall’informazione. 
Per quanto personalmente mi concerne, gli anni 1989/92 vedono l’inizio degli “scavi”, per le ricerche della nostra vera storia. Quella storia che ci ha visti come soggetti da sacrificare al “glorioso” Risorgimento italiano. È da quella data che è iniziata la rivoluzione di pensiero, per la presa di coscienza del popolo siciliano per la riconquista della sua indipendenza. 

SICILIA NAZIONE STATO INDIPENDENTE 

Premessa: L’S.N.S.I., non è, ancora, la sigla di un nuovo partito o di un nuovo movimento politico, è un acronimo che sta per: Sicilia, Nazione, Stato, Indipendente, appunto come sta scritto sopra. Noi vogliamo, che la Sicilia torni ad essere quella che è stata per oltre 2500 anni della sua quadri millenaria storia; e quello che era fino all’11maggio del 1860. Vogliamo che tutti i siciliani sappiano, che la Sicilia non è mai stata italiana: la Sicilia ancora oggi non è italiana. La Sicilia è stata aggredita, rapita, violentata e stuprata dallo Stato pirata Piemontese (complici politici e intellettuali siciliani traditori, che nel prosieguo ne sveleremo anche i nomi) per svenderla, come conquistata colonia, alla non ancora nata Italia. Tutti i siciliani debbono anche sapere, che il declino della ricca e prosperosa Nazione siciliana, ha inizio con l’aggressione invasione Piemontese e la nostra forzata unione con l’Italia. Quella forzata unione è stata il preludio alla spoliazione di ogni pur minima risorsa pubblica della Nazione siciliana, e di tutto quel che i siciliani avevano nelle loro case e fin’anco quel che avevano indosso. Oltre questo, verrete a conoscenza, che gli aggressori ci hanno derubato di tutto l’immenso tesoro che avevamo riottenuto nella vittoriosa rivoluzione contro i Borboni del 12 gennaio del 1848, e di moltissimo altro ancora, di cui più avanti ne parleremo dettagliatamente. Alla feroce aggressione dell’11 maggio del 1860, sono seguiti i massacri, le innumerevoli carneficine, gli stupri di decine e decine di migliaia di donne e di altrettante bambine, e tante altre atrocità, che sono contenute nelle circa 300 pagine di questo libro, che tratta anche di molti altri argomenti che riguardano la Sicilia e i Siciliani. All’aggressione e ai massacri dei garibaldini e dell’esercito di occupazione dei Savoia, è poi seguito l’inganno dell’imposto e truccato plebiscito. Quel plebiscito imposto dallo stesso dittatore- aggressore, con l’imbroglio, l’inganno, la prepotenza e le minacce di morte, per tutti coloro che si rifiutavano di votare si. Proprio quell’imposto plebiscito, che ha

A partire dai primi anni Quaranta del XX° secolo, passato fra morti lutti fame e distruzioni l’inferno della seconda guerra mondiale, dopo lo sbarco degli Anglo-Americani in Sicilia, il 10 luglio del 1943, e dopo l’assassinio per ordine della mafia di Stato, il 17 giugno del 1945 a Randazzo, in contrada Murazzu Ruttu, di quegli Eroi Siciliani che vi abbiamo già fatto conoscere al principio di questo stesso capitolo, dopo il tantissimo sangue versato dai nostri giovani e meno giovani Eroi Siciliani, finalmente, il 15 di maggio del 1946, veniva accordato alla Sicilia lo Statuto Speciale per potersi governare da sola... Il resto lo avete già letto. Qui vogliamo aggiungere solo un altro interessante particolare sul nostro Statuto originale.
Quindi mi accingo a farvi conoscere quest’altro importante capitolo che riguarda la storia dello Statuto speciale della Sicilia. Si tratta di questo: 
Tra il1945 e la primavera del 1946, Andrea Finocchiaro Aprile, il Presidente fondatore del M.I.S., Movimento Indipendenza Siciliana, per smorzare la tensione della separazione della Sicilia dall’Italia, propose al Governo italiano, un Patto dove si proponeva, che la Sicilia diventasse uno Stato Autonomo, confederato con l’Italia; e un domani non troppo lontano anche con l’Europa. La proposta di quel Patto, vagava nel si e il no, però alla fine, Umberto II volle che quella clausola fosse inserita nel Reggio decreto legislativo del 15 maggio 1946, contrassegnato contrassegnato col n. 455. Ma il colpo di mano del ministro Einaudi nella Seduta dell’Assemblea Costituente del 30 gennaio del 1948 lo ha di fatto cancellato, anche se era stato inserito nel Regio decreto che dicevamo. Oggi di quel Patto non rimane neanche il ricordo (come per tanti altri privilegi che conteneva lo Statuto originale, hanno fatto sparire anche quello: Statuto originale compreso)!
Ma per quanto ci riguarda, per noi quel Patto rimane validissimo ancora oggi, e siamo pronti a recepirlo e a sottoscriverlo, dopo aver proclamato la nostra indipendenza. 
Sono passati 62 anni dalla cancellazione di quel Patto, da parte del ministro Einaudi, ma anche dopo tanto tempo, alla quasi totalità dei siciliani esso è ancora completamente sconosciuto. E persino tanti illustri storici, ancora fingono di ignorare (o ignorano?) quell’altra truffa perpetrata sulla specialità del nostro Statuto originale. Anzi, addirittura c’è persino qualcuno che ne dubita l’esistenza! Ma come ognuno potrà constatare leggendo quanto più avanti scriveremo, quanto abbiamo affermato sopra, è suffragato da quel che affermò con estrema fermezza Finocchiaro Aprile, nei suoi due lunghi interventi del 31 gennaio 1948. Dove denunciò apertamente l’imbroglio della sera prima; dandone minuziose spiegazioni. Il primo dibattito della Seduta dell’Assemblea Costituente, incominciò alle cinque del pomeriggio, del 30 gennaio 1948.
Riferendoci ancora per qualche minuto a ciò che avvenne in quella prima Seduta del 30 gennaio, aggiungiamo, che quando erano già passate quasi sette ore, nella stasi più totale senza che ancora si fosse concluso niente, alle 23 e 40, il ministro del Bilancio Luigi Einaudi, presentò alcuni emendamenti al testo del nostro Statuto originale; e fece passare da una mano all’altra, alcuni fogli al Presidente del Consiglio Alcide DE Gasperi. Appena gli indipendentisti presenti in quell’Aula se ne sono accorti di cosa stava succedendo, hanno reagito violentemente, chiedendo al Presidente di mostrare quanto stava scritto in quei fogli che passavano sottobanco da una mano all’altra. Ma la loro richiesta venne respinta, con la scusa che ormai si era fatto troppo tardi, per continuare il dibattito. All’indomani i “contestatori” avrebbero avuto tutto il tempo di vedere e commentarne il contenuto. 
All’indomani, appena si è saputo che i fogli fatti pervenire la sera prima al Presidente del Consiglio, contenevano degli emendamenti che si può dire rendevano nullo il nostro Statuto, gli indipendentisti e i sostenitori dello Statuto presenti in quell’Aula, hanno reagito violentemente: da Finocchiaro Aprile, a Francesco Restuccia, ad Antonino Varvaro, Atilio Castrogiovanni, Concetto Gallo, Gaspare Ambrosini, Li Causi e pochi altri deputati siciliani (perché la stragrande maggioranza dei deputati siciliani non dimostrarono di avere a cuore l’Autonomia della Sicilia, e perciò si guardarono bene di trasgredire gli ordini dei capi bastoni dei partiti nazionali nei quali essi militavano). Mentre tutti coloro che erano contrari al che la Sicilia godesse di una così ampia Autonomia, cioè tutta la deputazione del centro nord e molti deputati siciliani, si schierarono contro quell’ampia autonomia accordata alla Sicilia, dallo Statuto originale. Purtroppo si è anche scoperto, che in quei famosi fogli fatti pervenire sottobanco al Presidente del Consiglio (praticamente, un nuovo Statuto), al di fuori di quegli emendamenti di cui si è già parlato, non c’era più alcuna traccia, di quella clausola proposta da Finocchiaro Aprile, già inserita nello Statuto originale: il 455. Sugli emendamenti dell’onorevole Einaudi, ci fu un ampio e acceso dibattito; ma fu tutto inutile; perché alla fine, le proposte del ministro Einaudi furono messi ai voti, e come era prevedibile vennero approvati dalla maggioranza dei presenti in quell’Aula. Quindi, quando si parla dello Statuto Autonomo della Sicilia, è bene che si sappia, che dello Statuto originale, che concedeva alla Sicilia quell’ampia autonomia che era contenuta nello Statuto del 15 maggio del 1946, non è rimasto quasi nulla. E questo i politici dovrebbero quantomeno saperlo! Casomai, c’è da chiedersi: <<Se loro sanno, che per colpa dei loro colleghi di allora, il nostro Statuto, oggi è poco più che un pezzo di carta, perché continuano a prenderci ancora in giro, il novanta per cento dei nostri politici, infinocchiando la gente, facendole credere che vogliono applicare lo Statuto del, quasi, niente>>? Parentesi chiusa! Rimane il fatto che i siciliani rimammo con un pugno di mosche! Ed oggi, per prenderci in giro per averci “appioppato una patacca”, al posto dello Statuto veramente autonomo, ci dicono che noi Siciliani l’Autonomia ce l’abbiamo già, e non la sappiamo applicare. E purtroppo, molti siciliani credono agli storici ipocriti, o credono a quei politici, che continuano a depredare la Sicilia dei suoi sacri diritti. E qui parliamo degli odierni politici, degni eredi, degli autori di quell’infame truffa! Gli stessi politici che in tutti loro interventi e nei loro comizi, promettono di battersi per l’applicazione del nostro Statuto Autonomo, pur sapendo di non averne alcuna intenzione di farlo e sapendo fra l’altro, che a causa di quell’infame furto permesso (e voluto) dai loro colleghi, l’attuale Statuto della Sicilia, è solo una copia sbiadita dell’originale; e in quanto a vera autonomia, ne contiene quasi zero. Io mi sento in dovere di dire a tutti i siciliani: <<No cari amici, non è affatto vero, quel che gli storici i giornalisti e i politici vi dicono. Quel che vi hanno fatto credere finora, è una vile menzogna, fra le migliaia di altre menzogne che ci hanno sempre raccontato>>. E qui esprimo un mio pensiero: <<È ora che i siciliani sappiano, che tutta la storia che abbiamo studiato, tutto quello che ci hanno raccontato, e ancora ci raccontano, i soloni, tutto quanto è stato scritto, e che ancora si scrive, sull’infame storia dell’aggressione invasione siciliana del 1860, compresa la truffa del nostro Statuto nel 1948, è stato uno degli inganni più vili della storia siciliana degli ultimi sette secoli>>!
Parliamo ancora qualche minuto dell’autonomia carpita ai siciliani (guarda caso da un ministro torinese). Proprio riguardo all’autonomia che i nostri politici ci spacciano per vera, noi siciliani dobbiamo convincerci, che se di quel poco di autonomia che ancora abbiamo, non è stata applicata neanche la centesima parte di quanto ancora è contenuto negli articoli e nelle norme dell’attuale Statuto, i soli e veri responsabili, come tutti i siciliani già sappiamo, sono il novanta per cento dei politici siciliani; ovunque questi fanno politica: sia a Palermo che a Roma. 

Cap. VII° “IL SOTTOSVILUPPO”: PARTE FINALE
Non mi stancherò mai di ribadirlo: La vera Autonomia, era contenuta nello Statuto originale, lo Statuto emanato il 15 maggio 1946. Ma oggi, di quello Statuto c’è rimasto solo il numero: il 455; perché lo Statuto originale (lo ripetiamo per la centesima volta) finì nel cestino del ministro del Bilancio: il piemontese Luigi Einaudi (come abbiamo fin qui ampiamente spiegato, e come più avanti avrete l’opportunità di leggere da voi stessi). Questa è la sola verità, sullo Statuto Speciale per l’autonomia della Sicilia! Non esiste più, quello Statuto che i nostri politici dicono di volere applicare, pur sapendo benissimo che vi stanno dicendo una mastodontica bugia, per prendervi ancora per il c... Ditegli a quei ciarlatani, di leggervelo, quello Statuto che imbrogliano di volere applicare! Ditegli che vi spieghino il significato di quanto sta scritto in quei 43 articoli del nuovo Statuto! Ma state tranquilli: non ve lo diranno mai! Ma non preoccupatevi, c’è alcun problema: ve lo dico io in 4 parole, il perché nessuno vi dice la verità. Perché, oltre l’ottanta per cento di quello che c’è scritto in quasi tutti gli articoli dell’attuale Statuto, significa: <<Potreste fare questo, potreste fare quest’altro… se vuole lo Stato Centrale>>! Ma guarda caso, lo Stato italiano lo vuole solo per il Sùd Tirole, e per la Valle d’Aosta, e dal 1963 anche per il Friuli Venezia Giulia. E questo non da ora, ma già dal 31 gennaio 1948. E continuerà così, fino a quando noi siciliani ci accontenteremo di rimanere dei miseri abitanti di una sub Colonia! Comunque, per non continuare a prenderci in giro, diciamo chiaramente: Lo Statuto che abbiamo oggi, come abbiamo scritto pagine addietro, è solo un surrogato dell’originale; tenetelo sempre presente, quando parlate de nostro statuto! Segue altro.

LO STATUTO SICILIANO: SVENDUTO
Riferendoci a quanto abbiamo scritto nelle prime pagine, riguardo alla rapina del nostro Statuto, ora trascriviamo integralmente il testo dello Statuto siciliano, dopo la firma del Re Umberto II IV di Savoia, e dei seguenti deputati che controfirmarono sulla validità dell’originale Statuto Speciale per la Sicilia come legge dello Stato. 
Testo integrale del dibattito: 
Statuto originale del 15 maggio 1946 n. 455
Statuto speciale per la Sicilia. 
IL REGIO DECRETO LEGISLATIVO 15 maggio 1946, n. 455
Approvazione dello Statuto della Regione Siciliana *
UMBERTO II RE D’ITALIA. 
Visto il decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151;
Visto il decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Abbiamo sanzionato e promulgato quanto segue:
Articolo unico. È approvato, nel testo allegato, firmato: d’ordine Nostro, e dal Presidente del Consiglio dei Ministri; lo Statuto della Regione siciliana *(lo Statuto originale che conteneva quell’ampia autonomia che più avanti conoscerete: * il commento è mio). 
Lo Statuto predetto sarà sottoposto all’Assemblea Costituente, per essere coordinato con la nuova Costituzione dello Stato. 
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato.
Dato a Roma, addì 15 maggio 1946.
UMBERTO (Umberto era il Re d’Italia)
DE GASPERI - NENNI - CIANCA - ROMITA - BARBARE-
SCHI -TOGLIATTI - SCOCCIMARRO -BROSIO - GULLO 
DE COURTEN - CEVOLOTTO - MOLÈ - SCELBA -BRACCI. 
CATTANI-GASPAROTTO- GRONCHI-CORBINO. 
Visto Guardasigilli: TOGLIATTI. Registrato con riserva alla Corte dei conti, addì 9 giugno 1946, Atti del Governo, registro n. 10, foglio n. 224- FRASCA. 
Concludiamo la storia del nostro Statuto, raccontando anche della rapina del 30 e del 31 gennaio 1948. Per far conoscere a tutti i siciliani la vera storia dello Statuto Siciliano, riportiamo ora il testo integrale di alcuni interventi tra i 50 intervenuti nel corso dell’intera Seduta. Gli interventi che più ci riguardano sono 5: tre contrari al nostro Statuto e due favorevoli. I tre interventi contrari sono stati quelli di: Luigi Einaudi; DE Gasperi e Cevolotto. Quelli favorevoli sono stati: quelli di Andrea Finocchiaro Aprile, di Li Causi, e in parte di Gaspare Ambrosini. Gli interventi riportati sono intercalati di tanto in tanto da alcune mie considerazioni. Ripetiamo, che il testo che trascriviamo è quello integrale così come è stato scritto allora: anche nelle intestazioni. 
LA DISCUSSIONE
SUL COORDINAMENTO DELLO STATUTO SICILIANO DINANZI ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE DEL 31 GENNAIO 1948. Presiede la Seduta il ministro del Bilancio onorevole Luigi Einaudi. 
PRESIDENTE. Si dia inizio al dibattito sullo Statuto siciliano. 
PRESIDENTE. Primo relatore: Cevolotto. Seguono gli interventi di: DE Gasperi; Gaspare Ambrosini; Concetto Gallo; Persico; Perez; Mazzoni; Germanà; Leone Marchesano; Li Causi; Bellavista; Covelli; Caronia; Gullo Rocco; Cingolani; Patricolo; Castiglia; Montalbano; Dominedò; Musotto; Corbino; Lussu; Antonino Vàrvaro; Bernini; Giulio Andreotti: Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; Mortati; Camangi; Aldisio; Bernini; Ferrari; D’Amico; Correnti; Fiorentino; Corsini; Rodinò; Lucifero; Micolis; Murdaci; Cordacci; Pisanelli; Mannironi; Paratore; Veroni; Balduzzi; Preziosi; Calamandrei; La Pira; Romano e Nitti. 
PRESIDENTE. Il secondo punto dell’ordine del giorno reca: Discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. 
L’onorevole CEVOLOTTO Relatore, ha facoltà di parlare. 
Cevolotto Relatore. Onorevoli colleghi! La questione dello Statuto siciliano è più semplice e al tempo stesso più complicata di quella degli altri statuti delle Regioni speciali. Più semplice e al tempo stesso più complicata, perché non dobbiamo mai perdere di vista questo punto fondamentale: che la Sicilia ha già uno statuto speciale che è in vigore e che quindi costituisce un punto fermo che, dal punto di vista giuridico e dal lato politico, non si può in nessun caso trascurare. Io, P.S.d. G (Pietro Secondo dei Giandolfo): e meno male che non si poteva in nessun caso trascurare!
Il decreto legislativo del 15 maggio 1946, che approvò lo Statuto della Regione siciliana, dice all’articolo unico: <<Lo Statuto predetto sarà sottoposto all’Assemblea Costituente per essere coordinato con la nuova Costituzione dello Stato>>. Se la Costituzione avesse riportato questa formula o se avesse comunque ad essa fatto riferimento, noi oggi ci troveremmo di fronte ad un problema limitato, cioè soltanto al problema del coordinamento dello statuto vigente con la Costituzione dello Stato. *( P.S.d.G). <<Senonchè: siccome la Commissione ha adattato l’articolo 116 della Costituzione in modo che esso collidesse con quanto era già in vigore nello Statuto siciliano, oggi in questa Assemblea lei può permettersi simili bizantinismi! Non solo: subdolamente, nell’articolo 116 della Costituzione, ci avete infilato anche lo Statuto del Friuli Venezia Giulia: inventato ad oc per l’occasione. E questo lo avete fatto, con il preciso scopo di defraudare la Sicilia di tutte quelle prerogative contenute nello Statuto originale. In questo modo avete spogliato la Sicilia di quasi tutte le prerogative che essa godeva già da quasi tre anni, e le avete girate al Trentino Alto Adige alla Val d’Aosta e al Friuli Venezia Giulia. Continua Cevolotto:
Senonchè, l’articolo 116 della Costituzione dice qualcosa di diverso: <<Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d’ Aosta, sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali>>. Quindi, anche per la Sicilia l’Assemblea Costituente deve adottare uno statuto speciale. Adottare uno statuto speciale (per la Sicilia) vuol dire, evidentemente, prendere in esame e quindi, se si crede, riformare in un modo nuovo questo statuto. (P.S.d.G): Sapendo a priori, che per comprare i politici siciliani (tranne gli indipendentisti) per voi non sarebbe stato un problema; e approfittando della compera di questi vili e servili politici si è voluto, e si è potuto, eliminare lo Statuto originale della Sicilia per appiopparci questa patacca. Come già detto, tutto col beneplacito dei politici siciliani traditori! Sono stati loro, che vi hanno permesso di defraudare la Sicilia del suo Statuto originale! Segue ancora Cevolotto:
Però, ripeto, la Commissione che doveva provvedere a preparare lo Statuto per la Regione siciliana (Preparare?! Lo Statuto Siciliano era in vigore già da 32 mesi!!), si è trovata di fronte al dato di fatto che vi è già uno Statuto in vigore. Sebbene non fosse, secondo il parere della maggioranza della Commissione, dubbio che l’’articolo 116 doveva unicamente essere preso in considerazione, in quanto il decreto legislativo del 15 maggio 1946 non aveva ormai che valore indicativo (?!), ma non vincolante per l’Assemblea Costituente, sebbene questo fosse secondo il parere della Commissione, evidente, pur tuttavia essa non poteva prescindere dalla situazione di fatto. Vi è una parte della Commissione che non è stata di questo parere e che invece ha ritenuto che, malgrado l’articolo 116 della Costituzione, non si potesse e non si dovesse fare altro che coordinare il testo dell’attuale Statuto della Regione siciliana con le norme della Costituzione. Devo dire però, che i membri della Commissione che erano di questo parere, e specialmente l’amico Ambrosini, hanno cercato in tutti i modi (di farsi fregare!) con uno sforzo di comprensione (comprensione verso chi poi ci avrebbe derubato) e di adattamento (per facilitarvi il furto) del quale non si può tener conto, di avvicinare il più possibile la loro idea a quella della maggioranza (P.S.d.G): Il più possibile significa più o meno: <<Vi va bene se vi concediamo lo 0, 01 per cento, dell’autonomia che vi concedeva lo Statuto originale>>?- Ma certo! Grazie; quanto siete buoni!-; e via di… queste servili accondiscendenze e fregature! Ed oltre alla sfacciata arroganza di evidenziare apertamente la loro volontà di svuotare di oltre l’ottanta per cento il nostro Statuto, ci si arroga anche il diritto di paragonare la Sicilia al ”rango” di sub Regione al cospetto delle altre tre. Senza considerare non solo i grandissimi torti subiti dalla Sicilia nella sua forzata annessione all’Italia, con gli innumerevoli eccidi e i massacri, precedenti e post quell’annessione. Ma lo ripetiamo per la millesima volta: quella arrogante prepotenza se la son potuti permettere, per il vile tradimento della maggioranza dei politici siciliani presenti in quell’Aula dell’Assemblea Costituente! Solo per questo, loro si son potuti permettere di ignorare che con tutto il rispetto per quelle altre Regioni, la Sicilia poteva e doveva mettere sul piatto delle “trattative” quattro mila anni di storia che almeno tre delle altre Regioni e la stessa Italia non potevano assolutamente vantare. 
Continuano gli interventi. 
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.
Presidente. Ne ha facoltà.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio. Il Governo ha riconosciuto che lo Statuto è sostanzialmente in vigore, procedendo alle elezioni. L’Assemblea a suo tempo ne ha preso atto, riservandosi però di attuare più tardi, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali il coordinamento (e ti pareva; e invece non è vero che le cose stanno così!).
In tale occasione, fu espressa da molte parti e specie da questo banco la fiducia che prima ancora che si riunisse l’Assemblea regionale, l’Assemblea Costituente avrebbe deliberato sulla forma di tale coordinamento o adozione, cioè sul carattere e sulla misura del suo intervento (P.S.d.G): secondo la sua discrezione: dell’Assemblea!. Continua DE GASPERI: Tale speranza non trovò compimento, anzi la procedura si protrasse così a lungo, che oggi all’Assemblea riesce difficile deliberare all’ultima ora (chissà come mai, vi siete accorti che era troppo tardi solo alle 23, 40. Dopo quasi 7 ore di cincischiamento!). L’Assemblea tuttavia accolse la proposta del Governo di nominare la Corte costituzionale. Nel frattempo, il Governo ha fatto quanto poteva per applicare lo Statuto, sia pure con la riserva delle deliberazioni dell’Assemblea, e la Amministrazione regionale, pur estremamente gelosa delle sue prerogative (non ha esitato ad abbassarsi i… pantaloni) ha dimostrato la volontà (di vendersi) di procedere in buona armonia col Governo dello STATO (le pecore in armonia col lupo!).
Ma non è lecito nascondersi - e sarebbe irresponsabile il non farlo - che l’interpretazione delle disposizioni dello Statuto e la loro pratica attuazione hanno incontrato (nel nord: mentre gli altri politici siciliani… dormivano) numerose difficoltà e sollevato molte obiezioni.
Le obiezioni più difficili a superare sono venute dalla (loro) Amministrazione finanziaria. Tanti obiettano che essendo la Regione siciliana, secondo l’interpretazione della sua rappresentanza, completamente arbitra di stabilire il sistema tributario che preferisce (salvo i monopoli, le dogane (le dogane erano nostre!), e le imposte di produzione) ne possono nascere perturbamenti nell’economia italiana. Si pensi ad esempio, alle disposizioni sulla nominatività dei titoli, alla diversa interpretazione di quanto lo Statuto prevede per le dogane, alle norme valutarie dell’articolo 13, che, spinte alle loro estreme conseguenze potrebbero creare alla lira italiana un valore diverso in Sicilia, che nel resto del Paese; una forte resistenza devesi superare anche per quanto riguarda la costituzione in Sicilia delle sezioni della Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; e tutti ricordiamo, specialmente l’atteggiamento della Suprema Corte di cassazione. Tutto questo dimostra che per attuare completamente lo Statuto secondo lo spirito autonomistico originario, ma anche politicamente unitario dei siciliani (Unitario): leggete con attenzione queste parole, e cercate di capirle bene cosa vogliono dire! occorre un nuovo sforzo di cooperazione fra la Regione (soltanto da parte della Regione Sicilia?!) e lo Stato, rappresentato da questa Assemblea e dal Governo che da essa promana( P.S.d.G): Vogliamo informare i siciliani, che tutte le prerogative elencate sopra, e molte altre ancora, la Sicilia le possedeva già al momento della feroce aggressione dei Piemontesi. Gliele hanno tolte allora, con l’arbitrio, con l’inganno, la violenza e la forza, e noi, con le nostre lotte e col sangue dei nostri giovani le avevamo riottenute nel 1946. Ma solo 32 mesi dopo, sempre col consenso di quei politici siciliani venduti, ce li hanno carpite un’altra volta! Se capiterà che qualcuno riuscirà a leggere, e a capire, quanto è fin qui riportato, si spera si convinca che tutto quanto io “predico” sin dal primo rigo di questi miei scritti, cioè: l’assoluta necessità dell’indipendenza della Sicilia, è incontestabilmente fondata al mille per cento. 
Passiamo ora agli altri interventi.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Finocchiaro Aprile e Concetto Gallo, hanno presentato il seguente emendamento: <<Sostituire gli articoli 1 e 2 del disegno di legge Einaudi col seguente articolo unico>>: 
<<Lo Statuto della Sicilia, promulgato con decreto legislativo 15 maggio 1946, è legge costituzionale e continuerà ad avere vigore>>.
<<Eventuali modifiche potranno essere introdotte con legge ordinaria dello Stato, ma sempre su voto dell’Assemblea siciliana, espresso da almeno tre quarti dei suoi componenti>>. 
PRESIDENTE. L’onorevole Finocchiaro Aprile, può svolgere il suo intervento. 
Finocchiaro Aprile: <<Quando, alla fine del 1946, l’onorevole Presidente del Consiglio Alcide DE Gasperi, venne a Palermo ad annunziare la concessione dello Statuto della Sicilia, vi furono molti che pensarono che questa potesse essere una speculazione elettorale. Noi indipendentisti non escludemmo ciò, di fronte ad un provvedimento emesso alla vigilia dei comizi; ma la cosa non ci fece nessuna impressione. Avesse o non avesse il provvedimento carattere di speculazione elettorale, certo era, che finalmente l’autonomia siciliana, sia pure in forma molto imperfetta, era decretata dalla classe dirigente italiana; e noi indipendentisti ne fummo lieti, per quanto fossimo stati esclusi dalla Consulta regionale e, quindi, non chiamati a partecipare alla redazione dello Statuto, alla quale saremmo, comunque, rimasti estranei (Proprio coloro che hanno dato il loro determinante contributo, e coloro che hanno dato il loro sangue e la loro vita sono stati esclusi, per far rappresentare la Sicilia proprio da quei politici servi venduti e traditori!). Dichiarammo fin dal primo momento, e ripetemmo in quest’Aula e in cento altre occasioni, che per noi l’autonomia non era e non è fine a se stessa, ma mezzo al fine, quello dell’elevazione della Sicilia a Stato libero e sovrano; ma accettammo l’autonomia così come ci era stata concessa, e lealmente, nel Parlamento siciliano, abbiamo data, come meglio ci era consentito lealmente, la nostra collaborazione per il successo del nuovo sistema. 
Io credo che il Parlamento siciliano abbia dato prova di alta nobiltà e di comprensione assoluta dei compiti che gli sono stati attribuiti. Esso non ha smentito la tradizione di dignità e di prestigio ed il magistero di saggezza irradiatosi dalle gloriose istituzioni parlamentari della nostra Isola. Però (ed alcuni colleghi me ne sono testimoni), appena pubblicato lo Statuto, noi dichiarammo alle masse siciliane: <<Non vi fate illusioni, l’autonomia vi è stata concessa ora; l’autonomia vi sarà presto revocata>>. (P.S.d.G): Finocchiaro Aprile conosceva bene i… suoi polli.
Parlava in noi la dura esperienza di quasi 86 anni di soprusi e di promesse non mantenute e di danni subiti. Parlava in noi, la dura esperienza di 86 anni di ricatti, di violenze e di false promesse. Parlava in noi, il senso diffuso di incomprensione, per usare un eufemismo, notato dovunque in Italia e ch’io stesso ebbi ad avvertire nella Commissione per la Costituzione, dalla quale, appunto perciò, io che ne facevo parte non tardai ad estraniarmi.
Signori deputati, parliamoci chiaro. Noi abbiamo sentito qui l’esposizione dell’onorevole DE Gasperi, che ha provocato in noi molta amarezza. Egli si deve essere accorto che le sue parole sono cadute pesantemente sull’Assemblea.
Siamo stati tutti alquanto sorpresi delle sue parole, che hanno rivelato nel Capo del Governo uno stato d’animo completamente mutato, così diverso da quello euforico e lusingatore ch’egli ebbe a manifestare al tempo della concessione dell’autonomia alla Sicilia. Egli ha detto non essere lecito nascondersi che l’interpretazione delle disposizione dello Statuto e la loro pratica attuazione, hanno finora incontrato difficoltà e sollevato obiezioni, specie da parte dell’Amministrazione finanziaria; e che una forte resistenza devesi superare anche per le sezioni della Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. E l’onorevole DE Gasperi ha soggiunto, che tutto questo dimostra che per attuare completamente lo Statuto, occorre un nuovo sforzo di cooperazione tra la rappresentanza della Regione e lo Stato. Ora queste non sono davvero delle parole di colore oscuro: il loro significato è ben chiaro; ed è che si vuole tornare indietro. A me pare che ciò non si possa, né debba permettersi. Sarebbe un oltraggio alla Sicilia; la quale, onorevole DE Gasperi, non farà mai alcuna delle rinunzie che lei desidererebbe. 
Si è discusso, signori deputati, sulla portata dell’articolo 116 della Carta costituzionale, che è bene leggere. Dice l’articolo 116: <<Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia e alla Val d’ Aosta, sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali>>. Evidentemente questo articolo non tenne conto del fatto che vi erano statuti già approvati ed anche in esecuzione, e statuti che avrebbero dovuto essere adottati. Questa distinzione è stata chiamata più volte dal nostro illustre Presidente. Ora io penso che lo Statuto siciliano, emanato da quegli organi dello Stato che allora avevano tutti i poteri per emanarlo, essere già sin dall’origine ed abbia tuttavia valore costituzionale, alla stessa stregua che ha valore costituzionale la legge dalla quale l’Assemblea Costituente ripete oggi i propri poteri.
È chiaro, pertanto, che i nuovi statuti, cioè quelli della Sardegna, del Trentino Alto Adige e del Friuli (perché anche il Friuli fu compreso fra le Regioni aventi diritto allo statuto speciale, ed è a deplorarsi che quest’ultimo statuto non ci sia stato presentato) debbano essere adottati dall’Assemblea Costituente; mentre gli statuti della Sicilia e della Val d’Aosta, già emanati ed in attuazione, debbano essere semplicemente coordinati. Nel decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, con cui fu approvato lo Statuto della Sicilia, si dice che questo sarà sottoposto all’Assemblea Costituente, per essere non adottato, ma coordinato con la nuova Costituzione dello Stato. <<Coordinamento>>. Io mi riferisco, onorevoli deputati, al significato, al carattere, alla natura della parola <<coordinamento>>. Essi sono ben precisi ed in equivoci per chi abbia pratica giuridica e legislativa. Ma da quello che voi avete sentito, traete forse la convinzione che si stia facendo o si voglia fare un coordinamento? Non vi pare che si tratti, invece, di un vero sovvertimento? Del vecchio Statuto, secondo le proposte della Commissione e gli intendimenti del Governo, non dovrebbe più rimanere quasi nulla. Io vi richiamo a questo vostro dovere (di ladri) costituzionale di effettuare esclusivamente il coordinamento. Nel nuovo Statuto io leggo disposizioni completamente nuove; e, quel che è peggio, leggo - ed è questa la ragione della mia maggiore preoccupazione - emendamenti presentati all’ultimo momento, in relazione a quello che ha detto testé il capo del Governo, i quali, se accolti, sconvolgerebbero completamente il sistema su cui poggia lo Statuto e ne annullerebbero la parte essenziale. Sono emendamenti con i quali si tenta di restringere sino a sopprimerli i poteri della Sicilia in materia di tributi e di valute pregiate, assieme all’autonomia in generale.
Quando l’onorevole DE Gasperi parlava, l’onorevole ministro del bilancio faceva circolare due sue proposte dell’ultima ora, sulle quali io debbo richiamare tutta l’attenzione dell’Assemblea. Giudicate voi (che siete tutti complici di questo, ennesimo, infame furto dei diritti della Sicilia e del suo popolo), signori deputati, se con esse non si distrugga in pieno l’autonomia siciliana. Noi abbiamo il sacrosanto diritto alla nostra autonomia tributaria, onorevole Einaudi; ad essa non rinunzieremo mai, a qualunque costo. Se lo ricordi! <<Onestissimo Andrea Finocchiaro Aprile, per quanto politico navigato tu fossi, giammai avresti immaginato che i vili, i servi e venduti politici siciliani, potessero sì vilmente tradire la loro terra>>! 
Continua Finocchiaro Aprile. 
Ebbene, leggiamo il primo emendamento: 
Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della medesima e col gettito di tributi propri che essa rimane autorizzata a deliberare e ad incamerare. Ma si aggiunge: 
<<Sono riservate allo Stato le imposte di fabbricazione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto. Salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 39, sono altresì riservati allo Stato i tributi doganali. 
Le altre imposte erariali ordinarie sono disciplinate dalla legge dello Stato sentita la regione (del parere della quale loro se ne fregano!), per quanto attiene alla applicazione nel suo territorio, e del relativo gettito riscosso nel territorio stesso è attribuita alla Regione una quota da determinarsi annualmente dallo Stato sentita la Regione>>. 
Che significa ciò? Significa, in primo luogo, che il Parlamento siciliano non dovrebbe avere più diritto di deliberare su qualunque tributo (come invece prevede lo Statuto siciliano ora vigente), ad eccezione delle imposte di fabbricazione e delle entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto, in quanto le imposte erariali ordinarie dovrebbero tornare ad essere di competenza dello Stato (secondo il vostro disegno), il quale Stato, naturalmente, non rinuncerà affatto alle imposte delle entrate dalle imposte di fabbricazione, dei tabacchi e del lotto; anzi, ora pretende di impossessarsi anche delle imposte doganali (P.S.d G): non pretendeva, se ne è, arbitrariamente, impossessato! 
Ben a ragione, pertanto, il Parlamento siciliano con l’articolo 3 della legge sull’esercizio provvisorio del bilancio, ha tenuto conto del ricavato di tutti i tributi, comprese le entrate delle dogane. E voi oggi ce li volete togliere? Ma badate bene, per toglierci questi tributi, dato e non concesso che la loro appartenenza alla Sicilia sia discutibile, il Governo, in base allo Statuto che è già in attuazione, avrebbe dovuto ricorrere all’Alta Corte costituzionale siciliana e averne riconosciuto il diritto. Non lo ha fatto: ha fatto decorrere i termini dell’impugnativa. Non essendo riuscito per questa via, onorevole Einaudi, lei pretende di raggiungere lo scopo revocando, addirittura per legge, il potere della Sicilia di legiferare in materia di tributi, comprese le entrate doganali, non più limitando il potere dello Stato alle sole imposte di fabbricazione ed alle entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto. Tutto ciò è veramente enorme. 
Non v’è dubbio che l’attribuzione alla Sicilia di tutte indistintamente le imposte, ad eccezione di quelle testé specificate, non fu fatta da gente che avesse la testa nel sacco, ma fu fatta molto ponderatamente; ciò rispondendo alle precise richieste delle rappresentanze siciliane. E oltre all’onorevole DE Gasperi, firmarono lo Statuto gli onorevoli Nenni, Cianca, Romita, Togliatti, Scoccimarro, Corbino, Gasparotto e via dicendo; tutti uomini forniti di senso di responsabilità, che non avrebbero data la loro adesione, se non fossero stati convinti dalla necessità della concessione della autonomia tributaria. Ed oggi, onorevole Einaudi, in sede di coordinamento, lei pretende di attribuire allo Stato quelle imposte delle quali lo Stato volontariamente si è spogliato! Ma si rende conto il Ministro del Bilancio di questo ritorno al passato? (P.S. d. G): Certo che se ne rendeva conto! Dobbiamo essere noi a capire, che se l’agnello va a trattare dei suoi diritti nella tana del lupo ”romano”, anche se l’agnello sta bevendo sotto il livello dove si trova il lupo quello lo può sempre accusare di volergli sporcare l’acqua: una scusa come un’altra pur di mangiarselo! Morale, la Sicilia, o i siciliani, per trattare delle loro ragioni, dei loro interessi e dei loro diritti, non dovranno mai più recarsi a Roma. Casomai, ricordiamo a quei signori che la nostra Capitale è Palermo. E a Palermo, sin dal 1129, si trova anche il nostro Parlamento: il Parlamento più antico del mondo! 
Ancora Finocchiaro Aprile. 
E v’è un’altra cosa di molta gravità sulla quale io desidero di intrattenere brevemente l’Assemblea Costituente. Ai fini del nuovo assetto economico della Sicilia, noi ci siamo basati sul ricavato delle nostre esportazioni che sono molto vantaggiose; e lei, onorevole Einaudi, lo sa. Lei sa che l’eccedenza dei valori delle nostre esportazioni, nel 1945 fu di circa10 miliardi di lire; lei sa che nel 1946, fu di oltre 11 miliardi, di cui uno di attivo per il nostro Bilancio con l’estero e che nel primo semestre del 1947 l’eccedenza fu di 13 miliardi, di cui circa 4 miliardi dalle nostre esportazioni con l’estero. Io non ho i dati del secondo semestre, ma solo che si raddoppieranno le cifre del primo semestre, ché certo saranno per il secondo semestre superiori, si avrà per il 1947 un’eccedenza di 26 miliardi; di cui circa 8 con l’estero. Per quel che riguarda il 1948 saranno certamente superiori, calcolando il livello di crescita annuo della Sicilia (fino ad allora; poi la nostra crescita economica l’hanno stoppata: con la determinante complicità dei nostri politici,specie di quelli “romani”!).
Orbene, che cosa fa l’onorevole Einaudi? Sotto la preoccupazione già accennata dal presidente del Consiglio, che cioè la lira italiana in Sicilia possa avere un valore superiore in confronto della lira nella Penisola, eventualità della quale noi siciliani ce ne compiacciamo, perché ci darà, un giorno che ci auguriamo non lontano, la possibilità di creare una nostra valuta, l’onorevole Einaudi sbocca in una proposta che noi nettamente respingiamo, ed è questa: <<Sinché permane il regime vincolistico delle valute, sarà provveduto, d’accordo tra lo Stato e la Regione, e con l’osservanza delle convenzioni internazionali, affinché le valute estere provenienti dalle esportazioni siciliane, dalle rimesse dei nostri emigrati, dal turismo e dal ricavato dei noli delle navi iscritte nei compartimenti siciliani, siano assegnate in base alle esigenze delle importazioni siciliane>>. 
No, onorevole Einaudi, la sua proposta è assolutamente inaccettabile. Per la Sicilia non deve valere alcun regime vincolistico di valute. Ben comprendiamo, che le valute pregiate, frutto del lavoro e del sudore dei nostri emigrati, costretti a cercare all’estero il pane che gli avete impedito di trovare nella loro terra, facciano gola a molti di voi. Ma noi siamo decisi a difenderle, perché ci sono indispensabili per quel risorgimento economico, che la classe dirigente italiana, come avviene da 88 anni, pretende ancora di ostacolare. Lei, onorevole Einaudi, vuole togliere alla Sicilia quello che le è assolutamente necessario per dare corso al suo programma di formazione e di sviluppo industriale, intrapreso nel 1946. Le industrie siciliane, onorevole Einaudi, si stanno riprendendo da una quasi secolare anemia, e ora il suo provvedimento che concede crediti soltanto alle grandi industrie (come la FIAT, la Pirelli, la Montecatini), e ha reso impossibili il finanziamento delle piccole e medie imprese siciliane, le manderà sicuramente alla rovina! A queste bisognava pensare prima ancora che a quelle; perché queste ben più che quelle, sono la spina dorsale sì, dell’economia italiana, ma ancor più di quella siciliana. Ma io non voglio affrontare, in questa sede, argomenti di natura tecnica. A me interessa il lato politico della questione. 
Signori deputati, voi che siete unitari – io sono per un’unità diversa da quella che voi volete mantenere; io sono per l’unità federale dei liberi Stati italiani (P.S.d.G): Anche noi siamo per questo tipo di unità. – credete che questa discussione e soprattutto lo spirito che è alla base di essa, cementino l’unità d’Italia? Agendo in questo modo assolutamente no. Perché è ora che lo capiate, noi non ci staremo più a recitare il ruolo dei poveri emarginati esposti al libero arbitrio del Governo italiano. Vi soggiungo, che io amo la terra d’Italia e il popolo italiano, quanto amo la mia terra e il mio popolo, per speculare su questo vostro esiziale errore, che è poi la vostra grande debolezza.
Noi deputati siciliani – e non mi riferisco soltanto ai miei amici indipendentisti, ma a tutti i colleghi delle altre correnti politiche siciliani; ai democristiani, ai comunisti, ai socialisti, ai liberali e ai repubblicani, perché sono tutti concordi in questo. Tutti pensavano che il coordinamento dovesse essere di carattere formale, non sostanziale, non cioè, un coordinamento che scardinasse, come si vuol fare, lo Statuto siciliano. Noi pensavamo (perché così era) che questo fosse il pensiero del legislatore, che lo Statuto siciliano già in esecuzione da ben 32 mesi, quasi tre anni, dovesse essere annesso, inserito, nella Costituzione italiana; magari con lievi modifiche di forma, richieste dal coordinamento. E noi indipendentisti chiedemmo che lo Statuto siciliano dovesse far parte integrante, come allegato, della Costituzione, perché credevamo, sicuramente molto ingenuamente, che così il nostro Statuto corresse minori pericoli e vi fossero minori probabilità di riforma, trattandosi di Costituzione rigida. Ma ciò non si è voluto fare, e si è colta l’occasione per mandar tutto all’aria. Siamo stati stupidi a fidarci ancora di voi!
E abbiamo anche il dovere di dover sottolineare, che il procedimento della Commissione è stato veramente anomalo. Essa non ci ha fatto nemmeno distribuire, perché noi potessimo fare i necessari confronti, il nuovo testo dello Statuto presentato sottobanco dal ministro Einaudi. Ora scopriamo che si trattava di uno statuto siciliano riscritto ex novo, nella forma e nella sostanza. Vanamente voi, onorevoli colleghi della commissione, volete illuderci, dicendo: <<Ma insomma, non c’è nulla di sostanzialmente modificato, tutto è come prima, tutto va bene. Non abbiamo cambiato niente, se non piccoli ritocchi. Siamo d’accordo persino coi rappresentanti della Regine siciliana>>. (P.S. d. G): Siete d’accordo con i servi e con i traditori; non certamente con chi è veramente degno di rappresentare la Sicilia! 
Ma vivaddio, signori miei, non siete d’accordo con noi; e poi credeteci: siamo delusi e amareggiati, ma non potete anche trattarci per stupidi; perché, anche se troppo tardi, abbiamo capito tutto dei vostri giochi e delle vostre combine. Un’altra cosa mi preme dire – il vostro atteggiamento è stato avverso allo Statuto siciliano e ostile, come sempre, alla Sicilia e ai siciliani. Vivi mormorii dal centro. 
Cevolotto. Relatore. No! Anzi hanno dichiarato apertamente di prender atto della nostra comprensione e della amicizia con cui abbiamo trattato con loro. 
Finocchiaro Aprile. Infatti, per protesta sono andati via, come gli onorevoli Germanà e Leone Marchesano, deputati del parlamento siciliano. (P.S.d.G): Quei due sono andati via per il voltastomaco che gli procuravano quei traditori ossequiosi verso il più acceso avversario del nostro Statuto! Prosegue Finocchiaro Aprile. 
Cosicché è venuto non l’’auspicato coordinamento formale, ma il coordinamento sostan- 
ziale, e si è fatto un altro Statuto; quindi è chiaro che il vero Statuto siciliano non esiste più.
PRESIDENTE. La pregherei di non entrare in un esame particolareggiato delle varie proposte, perché altrimenti tanto varrebbe passare all’esame degli emendamenti. Resti alla semplificazione.
Finocchiaro Aprile. Sta bene. Ma su quattro punti fondamentali qualche parola è necessario che io la dica; e di essi il primo riguarda l’articolo 14.
Con questo articolo 14 dello Statuto del 1946, vigente, la Sicilia ha la legislazione esclusiva su svariate materie, nel limite delle leggi costituzionali dello Stato. Noi abbiamo lealmente accettato ed applicato questa disposizione; ma non così ha fatto la Commissione la quale l’ha trasformata completamente; e noi dichiariamo nel modo più reciso di non poter aderire a tale arbitraria trasformazione. Il coordinamento non ha nulla a che vedere con quello che avete fatto; perché, quando voi aggiungete all’articolo 2 del nuovo testo proposto, le parole: <<in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato, con il rispetto degli obblighi internazionali, e senza pregiudizio delle riforme agraria ed industriale della Repubblica>>, voi fate cadere di peso il potere legislativo dello Statuto siciliano già sancito in Sicilia e lo riducete a nulla, perché, ove nell’ordinamento giuridico dello Stato vi sia un complesso di leggi organiche riguardanti i vari rami dell’amministrazione, noi non avremo più nessuna libertà, ma dovremo adattare il nostro potere normativo a quelle leggi, anche quando la Sicilia si trovasse nelle condizioni di avere delle particolari e imprescindibili esigenze. Ciò è molto grave e distrugge alla base il sistema autonomistico siciliano. Il secondo punto riguarda l’articolo 21; ed io mi domando: perché avete voluto togliere al presidente della Regione - lasciamo stare il rango di Ministro, ché questa è cosa di carattere formale e di poca importanza - il diritto di intervento nel Consiglio dei Ministri con voto deliberativo e pretendere di dargli soltanto voto consuntivo? I rilievi e le osservazioni fatte dall’onorevole Cevolotto sono inconsistenti e non toccano la sostanza delle cose. Bisogna rifuggire dall’eccesso di formalismo; e, in verità, non v’è proprio nulla di strano, né di incostituzionale, che vi sia nel Consiglio dei Ministri un membro non nominato come gli altri, ma designato a farne parte, soltanto per argomenti particolari, da un organo diverso da quello dal quale ripetono la loro origine. Nella storia costituzionale sono numerosi gli esempi del genere. Non vi fu un tempo, ad esempio, nel quale il Ministro per l’Irlanda non era nominato in Gran Bretagna dal Re? Perché, dunque, tanto misoneismo a proposito della Sicilia? 
La determinazione di fare intervenire nel Consiglio dei Ministri il Presidente della regione con voto deliberativo fu fatto di grande accorgimento politico, risponde ad un vivo desiderio del popolo siciliano, espresso in varie occasioni. L’intervento con semplice voto consultivo non rappresenta niente, sminuirebbe semplicemente l’autorità e il prestigio del presidente della Regione e tanto varrebbe sopprimerlo.
Permettetemi ora di esprimervi il mio pensiero sulle modifiche proposte all’articolo 24, per quanto riguarda l’Alta Corte. Ha detto benissimo l’onorevole Ambrosini: l’Assemblea Costituente ha già virtualmente convalidato, in due occasioni, l’Alta Corte siciliana, eleggendo i rappresentanti dello Stato in essa, così come abbiamo fatto noi al Parlamento siciliano. Ora ci si viene a dire, che quest’Alta Corte dovrà funzionare solo temporaneamente, fino a che non entrerà in carica la Corte costituzionale italiana. Non è, né può essere così. Si tratta di istituzioni diverse nella loro struttura e nelle loro finalità: compito limitato e circoscritto, è quella dell’Alta Corte siciliana; compito vasto e complesso quello della Corte costituzionale italiana. Inoltre, nella prima, la Sicilia ha la sua diretta rappresentanza, nella seconda no. Vi è, poi, fra esse disparità di poteri per cui l’una non potrebbe assorbire l’altra, senza snaturare il differente criterio che ha guidato il legislatore nell’istituirle. Vorrei dire che vi è fra le due Corti un essenziale contrasto che va mantenuto. Il mio amico Calamandrei, che come cultore eminente di diritto privato è forse meglio dei pubblicisti della Commissione in condizione di rilevare questa sintesi, vi dirà, forse, che quello che avete fatto deve essere, nell’interesse giuridico e processuale, assolutamente annullato. 
L’Alta Corte per noi siciliani, aveva ed ha un significato veramente particolare, un significato tutto nostro, anche in relazione fra lo Stato e la Regione. La Corte costituzionale italiana potrà servire a derimere i conflitti fra lo Stato e le Regioni regolate normalmente dalla Costituzione; non i conflitti fra lo Stato e le Regioni a statuto speciale, che abbisognano di un ente speciale quale è appunto l’Alta Corte siciliana. Questa, pertanto deve essere mantenuta. 
Vengo finalmente all’ultimo punto, e cioè alla polizia, cui si riferisce l’articolo 31. Noi credevamo di avere ottenuto una cosa da noi siciliani insistentemente richiesta e sollecitata, quella che la polizia sia alle dipendenze del Presidente della Regione. Ripetutamente in quest’Aula, da me e dal collega Gallo, fu deplorato il funzionamento della polizia in Sicilia e furono invocate riforme sostanziali che la mettano, nell’Isola, al livello delle più progredite polizie del mondo. Lo Stato non si è voluto impegnare ad eliminare questo grave inconveniente, invece noi siamo convinti di riuscirci. Ma, oltre a ciò, non vi è autonomia che possa concepirsi e possa funzionare, senza che il Governo della Sicilia abbia nelle sue mani uno strumento tanto delicato come la polizia. In caso contrario il Governo sarebbe alla mercé del Ministro dell’interno italiano, privando il Governo siciliano della sua libertà d’azione (Come dall’ora in poi è sempre avvenuto). 
L’insistenza con la quale si pretende di restringere notevolmente, se non di sopprimere i poteri del Governo siciliano è molto sospetta e noi non possiamo non ribellarci a questo tentativo.
In ultimo debbo rilevare che le tardive e non disinteressate obiezioni di ceti giudiziari e forensi romani, accennate dall’onorevole DE Gasperi, alla costituzione in Sicilia di sezioni della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, non hanno alcun serio fondamento. Se le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti sono tecnicamente necessarie in Sicilia, dato l’introdotto sistema dell’autonomia, la sezione della Corte di cassazione è indispensabile. Non si obietti essere ciò contrario all’uniformità della giurisprudenza. Io ho sempre pensato che questa uniformità, da taluni decantata, sia un grave danno non solo per l’amministrazione della giustizia, ma anche per il progresso degli studi giuridici. L’unificazione delle Corti di cassazione distrusse in Italia parecchi centri di cultura che avevano potentemente contribuito all’evoluzione del pensiero giuridico. Fra questi centri primissimo fu quello di Palermo. 
La Corte di cassazione siciliana, che può considerarsi risalente ai tempi di Federico II di Svevia, fu invero la maestra di tutte le altre. Io ricordo che i conflitti di giurisprudenza venivano quasi sempre decisi dalla Corte palermitana. Ed aggiungo, che vi sono materie connesse a superstiti istituti giuridici feudali ed ecclesiastici che hanno bisogno di una particolare sensibilità, che non può avere che il supremo giudice siciliano, più adatto, del resto, all’interpretazione e all’applicazione della legge in un Paese che ha le sue speciali esigenze ed una propria, ultramillenaria, storia. Si è tardato fin troppo, a creare nell’Isola la sezione della Corte di cassazione, e le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. La Sicilia attende che lo Stato assolva questo impegno d’onore. (P.S. d. G): aspetta e… spera! 
Concludendo, io dichiaro di non accettare nulla del nuovo Statuto. Non lo accetto, non solo perché la Commissione è andata assai oltre le funzioni assegnatale ed compiuto un eccesso di poteri (che solo uno Stato “democraticamente”totalitario poteva permetterselo: e se lo è permesso!), ma perché dire ai siciliani che è stato sostituito lo Statuto originale siciliano e fare sapere che si sono soppressi quasi tutti i poteri, che per effetto del nostro Statuto speciale, già attribuiti alla Sicilia, e dei quali essa già ne ha goduto fino adesso, significherebbe turbare profondamente e con gravi conseguenze il sentimento del popolo siciliano. *
Io non voglio usare, signori deputati, parole grosse. Nell’Isola di dice già, che qui si vuole tradire il popolo siciliano con questi provvedimenti che voi avete proposti (ed attuati). Io mi auguro che l’Assemblea Costituente, con alto senso di responsabilità, respingerà unanime tutte le proposte lesive di tutti i diritti ormai acquisiti e che accoglierà l’emendamento che io ho avuto l’onore di presentare e che si avvicina molto a quello del mio amico Ambrosini, al quale avete tolto la legittima soddisfazione di riferire sullo Statuto siciliano. Avete fatto molto male! Anche questo è stato vivamente deplorato in Sicilia! Chiudo esortandovi ad operare ognora in modo che la Sicilia non venga ancora tradita dall’Italia e dai politici seduti in questa Assemblea. * Al popolo siciliano basta non fargli sapere niente dell’imbroglio qui perpetrato ai suoi danni. Difatti, fino a questo momento nessuno ne sa niente! 

LI CAUSI. Chiedo di parlare. 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 
LI CAUSI. Onorevoli colleghi, credo che tutti abbiamo l’impressione che stiamo discutendo e vogliamo risolvere un problema che implica enormi responsabilità; e che non è possibile sfuggire a questa responsabilità. 
E non basta: da parte di coloro che in questa Assemblea sono antiautonomisti, e in particolare antiautonomisti nei confronti della Sicilia, vi sono riserve ed avversioni per il nostro Statuto.
Perché prima la Commissione dei Diciotto toglie qualche cosa; il Governo ce ne toglie qualche altra; vedremo certamente sorgere in questa Assemblea qualcuno che si preoccupa di qualche altro aspetto dello Statuto siciliano e vorrà togliercelo; a compimento, interverranno i giuristi puri, coloro che vogliono che la legge sia unica per lo Stato; che i sommi princìpi, e i princìpi fondamentali non soffrano offese e si ripeterà l’errore funesto e cruento del 1860: la legislazione unica imposta dall’alto alla Sicilia, con le gravissime conseguenze che paghiamo ancora. Oggi però, la situazione non è più quella del 1860; allora la classe dominante ebbe la forza di imporre le soffocanti e durissime condizioni. Oggi le classi dominanti sentono che non hanno più questa forza, ed ecco perché si è perplessi in questa Assemblea e si cerca, beninteso “per l’amore verso la Sicilia”, di darci lo zuccherino. Si dice: <<Nell’interesse del Paese noi facciamo questo; non possiamo rinunciare a determinate cose; vediamo se ci sono contrasti giuridici, eccetera>>.
No, signori, la verità è proprio questa: che politicamente si vuole imporre una legislazione unica; e si vuole sottrarre più che sia possibile alla Sicilia la legislazione esclusiva; si vogliono vanificare gli statuti speciali; si vuole impedire alla Sicilia e alla Sardegna di svilupparsi senza aspettare dei secoli! Se i deputati siciliani si dimostreranno compatti, indipendentemente dal loro colore politico, schierati in un unico fronte, e faranno lotta comune in difesa del nostro Statuto, noi dimostreremo che questo Statuto non è una concessione elargita dall’alto, ma esso è una conquista del popolo siciliano. Lo Statuto per l’autonomia Siciliana è il risultato di lotte, di tanto sangue versato, e di molte vite immolate per la libertà della Sicilia de del popolo siciliano. È il risultato di un travaglio per ottenere quelle libertà che per i motivi storici a tutti noti, da moltissimi anni vengono compresse. Io devo associarmi a moltissime considerazioni che sono state svolte dall’onorevole Finocchiaro Aprile, le ritengo giuste e credo che siano giuste per tutti i deputati siciliani che sono qui. (P.S.d.G): Purtroppo, agli altri deputati siciliani importava tutt’altro che quello che proponeva il deputato Li Causi! 
Tutto questo, indipendentemente da quelle che possono essere le legittime preoccupazioni dei rappresentanti delle altre regioni oggi presenti in questa Assemblea, indipendentemente dalla preoccupazione di chi, come noi, ha il dovere di vedere il quadro generale in cui inserire questo problema, vi è un problema essenziale, il problema dell’autonomia siciliana che si racchiude nell’articolo 14 dello Statuto. 
Ma come?! Non vi bastano i limiti che le leggi costituzionali dello Stato pongono alla nostra autonomia? Quali altri limiti volete che ci siano? Se l’autonomia deve essere una cosa seria, essa ha già i limiti nettamente segnati da una parte della Costituzione, dall’altra dallo Statuto siciliano. Di qui non possiamo muoverci. Cosa vuol dire aggiungere all’articolo 14 i limiti di <<principi fondamentali dell’ordinamento giuridico>>? Che significato hanno queste parole? Ognuno le interpreta a modo suo e voi vedreste che al momento dell’attività legislativa, il nostro Parlamento sarebbe paralizzato, perché chi ha interessi contrari al popolo, ogni legge dell’Assemblea regionale favorevole ai diritti del nostro popolo, vedrebbe una violazione ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico. La Commissione dei Diciotto pur “nella forma più corretta e più alta” ha svolto il compito di sminuire il vigore e il contenuto della nostra autonomia, e ha presentato a questa Assemblea un nuovo Statuto! Eppure non vi erano stati rapporti men che cordiali tra la delegazione siciliana e la Commissione. Abbiamo discusso lungamente, duramente nella sostanza; ma la forma è sempre stata della massima cordialità. E devo soggiungere che vi è stato uno sforzo di comprensione reciproca. (P.S.d.G): L’apparente loro comprensione, nascondeva un vile inganno nei nostri confronti. 
Ciò nonostante, volete metterci nelle condizioni di prendere o lasciare. Ma se gli onorevoli colleghi delle altre regioni si fossero rifatti alla situazione siciliana di qualche anno fa, avrebbero capito che né per opera di Aldisio di impedirlo, né Finocchiaro Aprile a volerlo, si sarebbe potuto creare, dal nulla, un movimento indipendentista così forte e numeroso, se alla base non ci fossero state le forze siciliane in moto per volerlo e sostenerlo. Solo 2 anni fa, non per concessione del Governo italiano avremmo avuto l’autonomia che oggi voi volete cancellare, ma l’avremmo ottenuta col concorso del nostro popolo, rappresentato da un partito che contava 850.000 mila iscritti: più di 2 milioni di voti a nostro favore! Collegandomi alle parole del mio amico Finochiaro Aprile, anch’io dico con forza: noi siciliani non rinunceremo mai alla nostra autonomia che ci permette, per la prima volta dal lontano 1860, di dire finalmente ad alta voce: non ci prenderete più in giro, o signori del Governo centrale; non permetteremo più ai nostri deputati che fingono di essere favorevoli all’autonomia quando fanno i comizi in Sicilia, e gli ascari venduti a Montecitorio! Noi faremo in modo che i siciliani non prenderanno più fregature. E non è iattanza la nostra, il popolo siciliano è in fermento e cosciente della propria forza, del proprio diritto storico cancellato con la forzata annessione all’Italia; non permetteremo più le repressioni del 1860, del 1866, del 1870, nel 1894 e nel 1919. Vi assicuriamo, che quel che è avvenuto allora non avverrà più.( P.S.d.G): Così gridava Li Causi, a nome dei pochi politici siciliani onesti. Ma purtroppo la maggioranza dei politici siciliani erano, e sono, di tutt’altra pasta di Li Causi Finocchiaro Aprile e gli altri veri indipendentisti. Il rimanente dei politici servili, amavano la Sicilia solo a parole: solo quando dovevano convincere i siciliani a dargli i voti per poter poi continuare tradire la Sicilia e i siciliani: allora come ancora oggi! 
Ora riportiamo il risultato del voto segreto sugli emendamenti presentati da Einaudi che assieme a Cevolotto, Persico ed molti altri, erano per la modifica radicale del nostro Statuto, per svuotarne dell’oltre ottanta per cento il contenuto della sua autonomia; vanamente contrastati in questo iniquo disegno, da quei pochi deputati che sapete. Tutti gli altri deputati siciliani, fingevano: e poi… tradirono! Evidentemente questa è una loro prerogativa se ogni volta che si devono difendere gli interessi della Sicilia si defilano o votano contro!
Comunque, ecco i risultati delle due votazioni: una, come detto, riguardava gli emendamenti allo Statuto presentati dal ministro del Bilancio, l’altra, con quegli emendamenti già approvati, sanciva che lo Statuto siciliano venisse inserito nell’articolo 116 della Costituzione italiana: Alle condizioni degli emendamenti imposti da Luigi Einaudi. 
Le due votazioni si svolgeranno col voto segreto. 
Prima votazione. Favorevoli o contrari agli emendamenti Einaudi. 
Presenti e votanti: 334.
Maggioranza: 168.
Voti favorevoli agli emendamenti Einaudi: 201.
Voti contrari: 133. L’Assemblea approva. 
Seconda votazione. L’inserimento dello Statuto siciliano nell’articolo 116, della Costituzione. 
Presenti 287.
Votanti: 286. 
Astenuti 1.
Maggioranza: 144.
Voti favorevoli: 232.
Voti contrari: 54. L’Assemblea approva. 
* Tutti gli spezzoni scritti in grassetto sono commenti miei. Pietro Giandolfo. Alias: Pietro Secondo dei Giandolfo. 
Sottolineo ancora una volta, che tutto quanto da me riportato nel capitolo VII: dalla fine di pagina 179 fino a pagina 196, conclusasi col furto del nostro Statuto, è stato tratto da un libro dello scrittore Massimo Ganci. Libro del quale non conosco il titolo perché anche questo quando l’ho comprato, sulla bancarella del mercatino di Piazza Cairoli a Messina, era privo della copertina e mancava delle prime pagine. Né alcun’altra pagina ne riportava il titolo. Ancora grazie anche a nome di tutti i siciliani onesti a Massimo Ganci, per averci tramandato questo importantissimo capitolo della storia siciliana, che comprese le pagine riportate in altra parte, va: dal 1848, e si conclude nel 1948.